Maggioranza divisa sulla riforma fiscale del governo, che punta a cristallizzare in Italia il sistema di tassazione duale. Sulla filosofia della scelta non vi sono spaccature, le quali riguardano, invece, i dettagli tecnici. Si tratta di dare vita a un sistema fiscale, che si fonda essenzialmente su un doppio binario:

  • tassazione progressiva sui redditi da lavoro;
  • tassazione proporzionale su tutti gli altri redditi.

In pratica, le aliquote IRPEF rimarrebbero solamente per i redditi da lavoro, mentre per i redditi da capitale sarebbe prevista una sola aliquota proporzionale, cioè non crescente all’aumento dei redditi stessi.

In realtà, questo sistema di tassazione duale in Italia esiste nei fatti già. Se ci fate caso, l’IRPEF non si applica più nemmeno sugli affitti riscossi dal proprietario di un immobile locato a scopo abitativo, a meno che il contribuente stesso non lo desideri.

Tassazione duale, ecco come funzionerebbe

La lite riguarda, però, le aliquote. Il Ministero di economia e finanze prevede in via transitoria la fissazione di due aliquote, verosimilmente del 15% e del 26%, al fine di tendere a regime a un’unica aliquota del 23%. Questa sarebbe la stessa applicata ai redditi da lavoro rientranti nel primo scaglione IRPEF. Lega e Forza Italia si mostrano contrarie, in quanto ritengono che a pagarne lo scotto sarebbero due categorie di contribuenti: i possessori di titoli di stato e Buoni fruttiferi postali; i proprietari di immobili.

I primi versano oggi il 12,5% sui rendimenti percepiti, i secondo il 21% dei canoni di locazione (10% per i canoni concordati). Fissare le aliquote al 15% e al 26% significherebbe stangare i famosi “Bot people” e coloro che investono sul mattone. L’attuale tassazione duale prevede un’aliquota del 26% sui redditi di natura finanziaria, ad eccezione proprio dei titoli di stato e dei Buoni fruttiferi postali.

Peraltro, elevare la tassazione su BTp e Bfp non comporterebbe alcun aumento di gettito netto per lo stato.

Esso prenderebbe con una mano e con l’altra dovrebbe offrire rendimenti più alti ai sottoscrittori. Il fine della riforma sarebbe un altro: mettere tutte le forme d’investimento sullo stesso piano per convenienza fiscale. Tuttavia, di questo passo pagheranno il conto coloro che investono quattro spiccioli nel debito sovrano e non portano a casa ormai da anni praticamente nulla.

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