Il mercato dei titoli di stato italiani si è ripreso rispetto al punto più basso da anni toccato nel mese di giugno. Allora, il rendimento medio ponderato dei BTp era salito al 2,789%, circa il 2% in più rispetto al dato di gennaio. A luglio, scendeva al 2,547%. Praticamente, quasi un quarto di punto percentuale in meno. Non è poco, se si considera che nel frattempo sia caduto il governo Draghi e il presidente Sergio Mattarella abbia dovuto sciogliere il Parlamento. Per i conti pubblici è una notizia positiva, pur solo in prospettiva e con riferimento al mese precedente.

E’ chiaro, infatti, che tanto più alti i rendimenti, quanto maggiore la spesa per interessi. Il legame non è immediato. Il Tesoro può, ad esempio, cercare di superare la tempesta accorciando le scadenze e limitando le emissioni di nuovo debito. Tuttavia, questi espedienti possono durare poco. Prima o poi, il deterioramento si trasmette ai conti pubblici.

Ripresa BTp, l’impatto sui conti pubblici

Sappiamo che al 30 giugno scorso in circolazione vi erano poco meno di 2.300 miliardi di euro di titoli di stato italiani. Questo significa che quel calo del rendimento medio dello 0,24% impatterà complessivamente per 5,56 miliardi. In quanto tempo? Considerato che la durata media del debito pubblico sia di 7 anni, ciò avverrebbe da qui al 2029, ammesso sempre che i livelli dei rendimenti restino invariati in tutto questo periodo. Può accadere molto più verosimilmente che salgano e arretrino nell’arco di questi anni.

Su base annua, la ripresa dei BTp a luglio vale poco meno di 800 milioni di euro di minore spesa per interessi. I conti pubblici riprendono fiato, sebbene dall’inizio dell’anno la stangata sia già stata elevata. Se il rendimento medio fosse rimasto allo 0,55% di dicembre, pagheremmo oggi circa 46 miliardi in meno complessivamente, ossia -6,6 miliardi all’anno. In prospettiva, dunque, i conti pubblici italiani sono peggiorati a causa del rialzo dei tassi di mercato.

Ma se la ripresa dei titoli di stato proseguirà, il costo di questa normalizzazione monetaria si ridurrà. Non possiamo neppure escludere che ben prima che si saranno dispiegati per intero gli effetti della stretta in corso, i tassi ripieghino, portandosi su valori non troppo dissimili da quelli dello scorso anno. Chiaramente, molto dipenderà dall’evoluzione della congiuntura macro e dell’inflazione.

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