Quando si investe su un mercato, la prima domanda che ci si dovrebbe porre sarebbe la seguente: alla luce sia dell’andamento dello specifico titolo che delle condizioni macro, converrebbe di più puntare sulle obbligazioni o sulle azioni? Abbiamo cercato di offrire una risposta, valida non per il futuro, quanto per l’ultimo quinquennio. I titoli esaminati sono stati tre e relativi ad altrettante utilities di grossa importanza in Italia: Telecom Italia o TIM, Enel e Snam. Prima di iniziare con la verifica dei dati, una premessa: qual è il rendimento di un’azione? Esso è dato da due fattori: la variazione del prezzo tra due periodi e le cedole incassate.

In finanza, si definisce il “total capital return”. Se abbiamo comprato un titolo a 100 e lo abbiamo rivenduto dopo 5 anni a 130, abbiamo realizzato una plusvalenza del 30% (30/100). A ciò dobbiamo sommare le cedole incassate nel periodo di detenzione del titolo, rapportate al valore dell’investimento iniziale. Se, ad esempio, la società ha distribuito complessivamente dividendi per 5, rapportando questo dato ai 100 inizialmente investiti, otteniamo un rendimento extra del 5%, che si aggiunge al 30% di cui sopra, esitando un rendimento finale del capitale investito del 35%. Lo stesso discorso si applica ai bond.

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Ora, partiamo da Telecom. Negli ultimi 5 anni, le sue azioni ordinarie hanno perso il 34%. Meglio hanno fatto le azioni di risparmio, che hanno perso, comunque, il 26%. Le prime non hanno distribuito dividendi, le seconde sì e per 2,75 centesimi per azione ogni anno. Il totale fa, dunque, 13,75 centesimi per azione, che rapportati a i 65,16 centesimi del prezzo di acquisto del titolo 5 anni fa esitano un rendimento di poco superiore al 21%. Al netto, le azioni ordinarie hanno reso il -34%, quelle di risparmio il -5% (quotazione a -26% e cedole pari al 21%). Veniamo ai bond.

Quello emesso nel 2014 e con scadenza nel gennaio 2021, cedola 4,5% (ISIN: XS1020952435), negli ultimi 5 anni è cresciuto di prezzo del 5,2%, a cui si sommano le cedole per un valore complessivo pari al 22,5% dell’investimento iniziale. Dunque, il rendimento complessivo delle obbligazioni Telecom è stato nel periodo del 27,7%.

Il limite delle obbligazioni

Non c’è dubbio alcuno che si sia rivelato più conveniente avere investito negli ultimi 5 anni nei bond Telecom, anziché nelle sue azioni. E’ stato così anche per le altre due utilities? Le azioni Enel sono cresciute del 40% nel periodo, al contempo distribuendo dividendi per un totale di 98,7 centesimi, pari al 26% dell’investimento eventualmente effettuato nel marzo 2014. In tutto, hanno reso così il 66%. Le obbligazioni del colosso energetico emesse nel 2014 e con scadenza nel lontanissimo 2075, cedola 5% (ISIN: XS1014997073), sono salite di prezzo di oltre il 4%, distribuendo cedole per un totale del 25%, pari a poco più del 25% dell’investimento iniziale. In tutto, quindi, hanno reso circa il 29,3%. Tanto, ma meno della metà delle azioni Enel nel quinquennio. Dunque, in questo caso le seconde si sono rivelate più redditizie.

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Infine, Snam. Le azioni sono aumentate del 4,6%, mentre le cedole distribuite nel lustro ammontano a un totale di 1,166 euro, pari a oltre il 28% dell’investimento. Il rendimento complessivo esitato è stato del 33%. Per contro, il bond 2022, cedola 5% (ISIN: XS0829190585), ha subito un decremento della quotazione dell’1,5%, mentre ha distribuito cedole per un totale di quasi il 22% dell’investimento, rendendo in tutto quasi il 20,5%. Anche in questo caso, meglio sarebbe stato puntare sulle azioni, anziché sulle obbligazioni.

In definitiva, le obbligazioni Telecom hanno battuto quelle di Enel, pur rendendo meno, essendosi rivelate relativamente più convenienti delle azioni dello stesso emittente. Lo stesso dicasi nei confronti dei bond Snam, sia per il discorso della convenienza relativa, sia pure perché hanno reso in assoluto di più.

Questo semplice esercizio ci fa capire come il rialzo delle azioni di una società renda spesso meno allettante il suo debito, pur quando fosse il riflesso di migliorate condizioni finanziarie, in quanto riescono a crescere con più velocità delle quotazioni obbligazionarie. Queste ultime, infatti, sono pur sempre limitate al rialzo dal valore della cedola. Nessuno acquisterebbe un bond con rendimento negativo, cioè il cui sovrapprezzo rispetto al valore nominale ecceda il monte-cedole alla scadenza. Vero, capita persino questo con i bond sovrani, in questi anni, ma parliamo di un altro tipo di mercato. Tuttavia, nel caso in cui le quotazioni azionarie crollassero per la cattiva performance della società o di condizioni avverse sui mercati, a meno che non vi fosse un reale rischio di default, le obbligazioni ci consentirebbero di evitare il contraccolpo, semplicemente detenendole fino alla scadenza, quando ci verrebbero rimborsate al 100% del loro valore. E nel frattempo avremo incassato le cedole.

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