Ha fatto scalpore la sentenza di Torino di pochi giorni fa, in base alla quale una signora detentrice di Buoni fruttiferi postali a 30 anni della serie Q, emessi nel 1989 per 5 milioni di lire, riceverà da Poste Italiane un rimborso di 65.000 euro. Il giudice ha dato torto all’istituto, che sarà chiamato a corrispondere gli interessi più alti indicati con la precedente serie P.

Abbiamo calcolato che il tasso d’interesse medio annuo così corrisposto alla signora sia stato dell’11,35%. Altissimo, se si considera che oggigiorno i Buoni fruttiferi postali 4×4 diano ai risparmiatori appena lo 0,75% nel caso di mantenimento dei titoli per ben 16 anni.

Com’è stato possibile passare da tassi così alti a una miseria come quella attuale?

Buoni fruttiferi postali e tassi da fame

I tassi nel 1986 erano elevati su tutto il mercato italiano. Quell’anno, mediamente i titoli di stato sul mercato offrivano un rendimento dell’11,50%. Direte, colpa dell’inflazione. Sì e no. Effettivamente, questa era relativamente elevata, a circa il 6%, ma resta il fatto che i Buoni fruttiferi postali a 30 anni, così come la media dei BTp, offrissero un tasso reale annuo superiore al 5% contro il -3% attuale. In fondo, anche oggi l’inflazione è tornata a salire, attestandosi al 3,7% a novembre. Eppure, non c’è alcun indizio che i Buoni fruttiferi postali stiano diventando più generosi.

Al contrario, essi restano ben più avidi dei già magri titoli di stato. La differenza con gli anni Ottanta sta nel fattore credibilità. Allora, con la lira svalutata ogni due e tre e conti pubblici allo sbaraglio (i deficit superavano il 10% del PIL), l’unico modo per attirare capitali era di offrire tassi d’interesse alti. Oggi, con l’euro è molto diverso. Non c’è alcun rischio di svalutazione e il mercato dei capitali è diventato più abbondante sia perché i confini nazionali sono stati abbattuti, sia per fattori sociodemografici.

Ecco, i Buoni fruttiferi postali oggi non sono più un affare. Un tempo, erano il modo per far fruttare i risparmi a favore di figli e nipoti, oggi semmai un modo per scampare ai rendimenti negativi dei BTp e ai costi dei conti correnti. Torneranno i bei vecchi tempi? Speriamo di no. Significherebbe che l’inflazione divori il nostro potere d’acquisto e che qualcuno tra BCE e stato italiano, se non entrambi, abbia perso credibilità, innescando meccanismi perversi sul mercato dei capitali. Di certo, però, con il rialzo dei tassi futuro anche i Buoni fruttiferi postali dovranno diventare un po’ più generosi. Non aspettiamoci granché, ma forse non vedremo più gli zeri prima della virgola.

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