Se c’è un momento in cui possiamo fissare l’inizio recente per lo scoppio della “guerra” commerciale tra USA e UE, questo sarebbe il settembre del 2015. Donald Trump non era ancora presidente, anzi si era da poco candidato alle primarie del Partito Repubblicano con poche chance di andare avanti, almeno secondo tutti i pronostici, puntualmente sconfessati. Alla Casa Bianca c’era il più malleabile Barack Obama e ciononostante le tensioni tra le due sponde dell’Atlantico si fecero forti, quando le autorità americane accusarono la casa automobilistica tedesca Volkswagen di avere truccato il dispositivo di misurazione delle emissioni inquinanti.

Esplodeva il famoso “dieselgate”, uno scandalo che da allora segue come un’ombra un po’ tutto il sistema automotive in Germania. Due anni fa, Wolfsburg ha chiuso la vicenda con Washington, patteggiando il pagamento di una maxi-multa da 4,3 miliardi di dollari. Resta la macchia sulla sua storia di successo.

Volkswagen di nuovo sotto accusa per il dieselgate

La vicenda subito dopo l’estate di 4 anni fa provocò il crollo dei titoli azionari e obbligazionari di Volkswagen. Il mercato era terrorizzato dai possibili contraccolpi che lo scandalo avrebbe potuto avere sull’intera economia tedesca, anche se le difficoltà nei mesi seguenti furono affrontate e sostanzialmente superate, anche se a costi salatissimi, dato il danno d’immagine, solo parzialmente riparato dal ritiro gratuito delle auto coinvolte e dalle richieste di risarcimento dei clienti. Vediamo adesso se il coraggio di quanti fiutarono l’affare nel tracollo delle quotazioni sia stato premiato.

Obbligazioni Volkswagen, come sono andate?

Abbiamo analizzato l’andamento di tre obbligazioni Volkswagen per cercare di capirlo. Il bond emesso nel gennaio del 2015 e con scadenza gennaio 2030 (ISIN: XS1167667283), cedola 1,625%, nella primavera di quell’anno toccò un prezzo di 106, ma alla fine di settembre, subito dopo lo scoppio del “dieselgate”, precipitava a un minimo di 79,2.

Immaginiamo di essere stati in grado di capire il momento in cui sarebbe stato raggiunto proprio quel punto minimo e di avere acquistato l’obbligazione. Come saremmo messi oggi? Il titolo ha registrato una crescita del 16,6%, a cui vanno aggiunte le cedole, le quali sono corrisposte in relazione al valore nominale rimborsato alla scadenza, pari a 100 e ben più alto di quello di acquisto. Pertanto, l’investimento risulterebbe avere reso complessivamente il 25%, pari a circa il 7,1% all’anno.

Bene o male? Partiamo con il dire che le obbligazioni Volkswagen godono del rating “investment grade”, essendo valutate “BBB+” da S&P e “A3” da Moody’s. I giudizi si riferiscono alle emissioni di bond unsecured da parte della Volkswagen Financial Services AG. Allora, i rendimenti medi di un bond denominato in euro e con rating IG si aggiravano sul 2%, quelli di un bond con rating “non investment grade” o anche “spazzatura” erano al 5%. Ne consegue che il rendimento offerto dal titolo sia risultato, a posteriori, di gran lunga superiore a quello a cui avremmo potuto ambire anche acquistando bond ad alto rischio, sebbene il confronto lo abbiamo effettuato con i rendimenti degli altri corporate bond in euro alla scadenza, non già alla data di oggi.

Quell’anno era stato emesso anche il bond gennaio 2023 (ISIN: XS1167644407), cedola 0,875%, le cui quotazioni erano crollate fino a un minimo di 85,3. Da allora, la risalita è stata del 17,8% e il valore cumulato delle cedole, rapportato all’investimento, è stato superiore al 4%. In tutto, avremmo ottenuto circa il 22%, qualcosa come il 6,25% all’anno. Anche in questo caso, non potremmo affatto lamentarci. Non avremmo percepito così tanto, puntando su altre obbligazioni in euro.

Azioni Volkswagen più proficue?

Infine, il bond perpetuo emesso nel 2014 e richiamabile (vedi il funzionamento dei “callable”) nel 2021 (ISIN: XS1048428012), cedola 3,75%. Il minimo toccato fu di 84, rispetto a cui le quotazioni sono risalite ad oggi di oltre il 23%, mentre le cedole avrebbero reso nel frattempo un altro buon 18%.

In tutto, fa il 31%, pari a quasi il 9% annuo. Qui, è stato premiato chiaramente anche il rischio insito in questo tipo di obbligazioni, legato al possibile rimborso anticipato del bond da parte della società emittente, evento considerato generalmente probabile in un contesto ribassista dei tassi. Attualmente, però, il titolo rende il 2,4%, segno che il mercato non crederebbe molto che, alla prima data “callable” utile, il bond venga richiamato da Volkswagen, evidentemente scontando tassi in rialzo.

Considerate anche che mediamente i corporate bond con rating IG in euro hanno reso dalla fine di settembre del 2015 ad oggi solamente il 9%, circa il 2,5% all’anno. Dunque, Volkswagen ha sovraperformato e, in un certo senso, era pure ovvio, essendo stati i suoi titoli travolti dallo scandalo. Tuttavia, non è detto che il coraggio degli obbligazionisti si sia rivelato vincente in assoluto. Pensate, ad esempio, che le azioni della casa tedesca sono risalite negli ultimi 3 anni e mezzo del 52%, ossia alla media del 15% all’anno, quando il comparto automotive in Europa è ripiegato nello stesso arco di tempo del 6%. Anche in questo caso, un ruolo determinante lo ha giocato il crollo accusato, a dire il vero, ben prima dello scandalo sulle emissioni inquinanti, quando tra aprile e ottobre le azioni Volkswagen erano crollate del 45%.

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