La banca d’affari americana Goldman Sachs ha emesso nei giorni scorsi due obbligazioni con cedola fissa, di cui una denominata in euro e l’altra in dollari. Vediamone le caratteristiche. Il bond in euro ha un controvalore nominale di 95 milioni ed è stato collocato sul mercato alla pari. Ha scadenza 19 marzo 2023, per cui è un triennale. La prima cedola verrà corrisposta il 19 marzo 2021 ed è di importo annuale dell’1,50% (ISIN: XS1970481310). Ieri, il titolo quotava sull’EuroMoT di Borsa Italiana 98,59 centesimi, sotto il prezzo di emissione alla pari, esitando un rendimento alla scadenza del 2%.

Il taglio minimo acquistabile è di 1.000 euro.

Passiamo adesso all’emissione in dollari, anch’essa avvenuta alla pari e quotata all’EuroMoT per complessivi 80 milioni. Ha durata quinquennale, con scadenza 19 marzo 2025, corrispondendo una cedola fissa del 2,75% (ISIN: XS1970480775). Il taglio minimo acquistabile è di 2.000 dollari. Ieri, quotava anch’esso sotto la pari, a 97,45 centesimi, offrendo un rendimento alla scadenza del 3,35%. Rispetto al primo bond, questo presenta il rischio di cambio, cioè il rendimento effettivo potrebbe risultare più basso nel caso in cui il cambio euro-dollaro si apprezzasse alla data di rimborso o del disinvestimento anticipato rispetto a quella di acquisto del titolo stesso. In teoria, se il dollaro s’indebolisse troppo rispetto all’euro, il capitale ne risulterebbe finanche intaccato.

Entrambi i titoli sono esposti al rischio di credito, anche se l’emittente è molto solido, come testimoniano gli elevati rating assegnatigli: “A3” per Moody’s, “BBB+” per Standard & Poor’s e “A” per Fitch. C’è un rischio che emerge dalla stessa scheda di presentazione del prodotto di Goldman Sachs, ossia di liquidità. Non è detto, in effetti, che sull’EuroMoT si sviluppi un mercato secondario, in conseguenza dei bassi importi emessi. In altre parole, potrebbe risultare più complicato del previsto rivendere le obbligazioni prima della scadenza. In genere, in questi casi si registrano spread denaro-lettera più elevati della media, nel senso che il prezzo minimo preteso da chi vende tende a non incontrare subito quello massimo offerto da chi vuole acquistare.

Pur a fronte di una scadenza più lunga di 2 anni, è evidente che l’emissione in dollari si mostri teoricamente più allettante per via della cedola decisamente più alta. Tuttavia, come abbiamo spiegato, essa incorpora il rischio che il dollaro perda valore contro l’euro e, in un certo senso, tende a tutelare l’investitore, garantendogli in partenza una remunerazione superiore a quella che altrimenti verrebbe offerta per un’emissione di pari durata.

A titolo di confronto, si consideri che oggi il BTp più longevo, quello con scadenza nel marzo 2067, offre un rendimento di ben circa 0,80% in meno rispetto alle obbligazioni in dollari a 5 anni di Goldman Sachs da poco emesse e che per trovare un rendimento del 2%, quello attualmente garantito dall’emissione in euro, bisognerebbe spostarsi sulla scadenza a 20 anni della curva sovrana italiana. In definitiva, il mix tra cedole e prezzi sul secondario di entrambi i bond si mostra abbastanza allettante per l’investitore italiano.

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