C’è chi che beve per dimenticare le perdite in borsa e chi invece non si dimentica di bere. E’ la Campari che con un colpo a sorpresa si è bevuta la Lascelles deMercado (LDM), azienda giamaicana che produce e commercializza noti marchi di rum. Il gruppo italiano ha appena siglato un accordo per acquisire l’81,4% del numero uno locale delle bevande alcoliche di maggior prestigio (i marchi Appleton Estate, Appleton Special e Appleton White, Wray & Nephew e Coruba ) e rilevare entro la fine dell’anno la totalità delle azioni sul mercato attraverso un’offerta pubblica di acquisto.

Si tratta della terza acquisizione più corposa e importante di Campari degli ultimi 5 anni (1,2 miliardi di euro di investimenti effettuati), dopo Wild Turkey e Skyy Spirits.  L’esborso preventivato sarà di circa 415 milioni di dollari e consentirà a Campari di incrementare, non solo i propri assets strategici, ma anche di sbarcare con i propri prodotti su quei mercati già capillarmente coperti dalla rete distributiva di LDM. Obiettivo di Campari – ha dichiarato Bob Kunze-Concewitz, Ad dello storico marchio milanese – è aumentare la massa critica in zone geografiche specifiche. Il business che si va ad acquisire è tutto concentrato sul Nord America: Canada, Stati Uniti, Messico e Caraibi. In Giamaica, Lascelles de Mercado ha una quota di mercato di consumi di bevande alcoliche del 71%. Il consumo di rum – precisa – è inoltre in forte espansione in tutto il mondo con una crescita media di oltre il 2,5% all’anno, nonostante il perdurare della crisi economica mondiale.

 

Campari: il debito vola verso il miliardo di euro

 

Benché l’operazione permetterà a Campari di allargare il proprio raggio di azione nel mondo apportando altri 200 milioni di euro di fatturato alla capogruppo, oltre che maggiore visibilità del marchio negli Stati Uniti, all’orizzonte si profila un aumento del debito di altri 330 milioni di euro che sarà finanziato da un pool di banche con tassi compresi fra il 3 e il 3,5%.

Tramonta così, come era trapelato da alcune indiscrezioni dei giorni scorsi vicine al dossier, il riscorso all’emissione di un altro bond destinato a investitori istituzionali. L’operazione – spiega Roger Miller strategist del settore obbligazionario area euro per Credit Agricole – si è rivelata più conveniente così, anche perché le banche si sono rese disponibili a finanziare direttamente l’operazione a costi più bassi rispetto a quelli che il mercato avrebbe offerto se si fosse ricorso all’emissione di un altro bond. Quello attualmente presente sul mercato da 350 milioni di euro, emesso nel 2009, prezza ormai sopra i 106 punti e con una cedola annuale del 5,375% (XS0457848272) rende il 3.95%. Si tratta certamente di un tasso che fa invidia a parecchie società corporate europee, ma anche anche al Ministero dell’Economia e delle Finanze che sul Bpt a quattro anni è costretto a pagare il 4,3% di interesse, visto che il bond Davide Campari non ha nemmeno rating, ma è anche vero che quando una società va bene, le banche fanno a pugni per offrire denaro e accaparrarsi il deal.  Le obbligazioni attualmente in circolazione vengono scambiate alla borsa del Lussemburgo su mercato OTC (over the counter) per tagli da 50.000 euro nominali con incrementi da 1.000 euro e verranno rimborsate il 15 Ottobre 2016.

 

Semestrale 2012 a gonfie vele in America per Campari

 

L’annuncio dell’acquisizione della giamaicana Lascelles deMercado ha ravvivato l’attenzione degli investitori verso la società il cui titolo in borsa è arrivato a toccare i 6 euro portandosi sui massimi storici (vedi grafico sopra). Ma i presupposti per una salita erano già nell’aria, dopo che la società aveva reso noto che nella prima parte dell’anno i ricavi aerano cresciuti del 5% a 618,3 milioni e l’utile netto del 3,5% a 77,9 milioni, in linea con le aspettative.

Le vendite nella prima parte dell’anno hanno registrato una crescita complessiva del 9,6%, mentre solo quelle degli Stati Uniti hanno registrato un aumento delle vendite del 13,2%. Modeste le vendite di Campari in Italia a causa della pressante crisi dei consumi: sono circa il 34,4% del totale ma hanno registrato un aumento del 1,4%. Negative invece, le percentuali delle vendite nel resto dell’Europa dove le imposizioni fiscali e le accise restano elevati (22,2 del totale): hanno infatti segnato un calo del 2,1%. In crescita infine l’ebitda a 159,3 milioni (in aumento del 4,8%) e l’ebit a 143,8 milioni (in aumento del 5%) con un indebitamento finanziario netto in aumento a 655,7 milioni che fra pochi mesi si avvicinerà al miliardo di euro con l’acquisizione della LDM.