L’Argentina è tornata con successo ad emettere bond in euro. Quindi, non solo bond in dollari, come avvenuto alcuni mesi fa dopo la riapertura verso i mercati internazionali, ma anche titoli denominati nella valuta continentale a conferma dell’interesse degli investitori europei verso il paese sudamericano.

L’ Argentina ha quindi collocato obbligazioni statali per 2,5 miliardi di euro presso investitori istituzionali. Gli ordini hanno superato quota 4 miliardi. Approfittando dei bassi tassi d’interesse del mercato e del miglioramento del quadro economico e finanziario del Paese, Buenos Aires ha venduto titoli a 5 e 10 anni con offrendo rendimenti tendenzialmente bassi.

L’obbligazione con scadenza 15 gennaio 2022 è stata prezzata 98,65 e, a fronte di una cedola annuale a tasso fisso del 3,875%, offre un rendimento a scadenza del 4,16% (codice ISIN XS1503160225). L’obbligazione con scadenza 15 gennaio 2027, invece, è stata prezzata 97,45 e, a fronte di un coupon annuale a tasso fisso del 5%, offre un rendimento a scadenza del 5,326% (codice ISIN XS1503160498). Entrambi i titoli sono stati emessi per un importo di 1,25 miliardi ciascuno, sono quotati presso la borsa del Lussemburgo e sono negoziabili per importi minimi di 100.000 euro con multipli aggiuntivi di 1.000.

Argentina, il quadro macro economico

Negli anni 2003-2011 l’Argentina ha conosciuto tassi di crescita elevati (media del 7-8% annuo) anche grazie agli alti prezzi internazionali delle materie prime agricole, come la soia. Nel 2012 il panorama economico è radicalmente cambiato. La crescita nel 2014 è stata dello 0,5% e al momento dell’insediamento del governo Macri, avvenuto a dicembre 2015, il quadro di riferimento soprattutto in relazione ai fondamentali macroeconomici si presentava molto complesso. Da un lato la crescita del Pil nel 2015 è stata stimata pari all’1,7, sostenuta dai consumi pubblici (+6.8%), con una spesa pubblica consolidata corrispondente a circa il 50% del Pil, dall’altro, l’attività industriale del 3º trimestre 2015, rispetto allo stesso periodo 2014, ha presentato una riduzione dello 0,6% accompagnata da un crescente aumento dei prezzi.

In assenza di dati ufficiali, il governo attuale ha stimato l’aumento del livello dei prezzi per il 2016 a circa il 28%.  A giudizio di molti economisti, l’inflazione viene alimentata dalla politica di creazione di moneta, con una stima si pone al 27,4% annuale.

Disavanzo fiscale elevato e disoccupazione al 9% in Argentina

La disoccupazione reale è stimata al 9%. Se non fosse per le assunzioni a pioggia nel settore del pubblico impiego nel corso degli ultimi tre anni, l’indice in parola sarebbe in realtà pari al 15%.  Del resto, l´attività economica negli ultimi quattro anni non ha registrato alcuna crescita con l’eccezione di qualche periodo molto limitato e settori specifici come prodotti di largo consumo, tessile, calzature. Il disavanzo fiscale del governo federale nel 2015 è stato del 5,8% del Pil al quale si sommerebbe un disavanzo quasi-fiscale della Banca Centrale pari a 1,5%. Grande peso sul disavanzo fiscale hanno avuto le tariffe “politiche” per servizi di pubblica utilità. La spesa per sussidi è arrivata a rappresentare il 5% del Pil. Grava sul bilancio statale anche il gran numero dei pensionati, passato da 4 milioni a quasi 9 milioni. La povertà strutturale, secondo le stime dell’Universitá Cattolica Argentina, sarebbe oggi attorno al 29% della popolazione totale.