Siamo alla fine di maggio, cioè pochi giorni fa. Il Tesoro emette un nuovo BTp a 15 anni con scadenza 1 marzo 2038 e cedola 3,25% (ISIN: IT0005496770). Il rendimento esitato è ancora più alto: 3,30%. Infatti, il prezzo a cui il bond è venduto risulta di poco sotto la pari, a 99,651 centesimi. Sono trascorse poche sedute da allora e le condizioni di mercato sono peggiorate di molto. Tant’è che il titolo quotava ieri a meno di 89,60 centesimi, offrendo un rendimento lordo in area 4,35%. In così breve tempo, le perdite virtuali di chi ha inserito il bond in portafoglio all’atto del collocamento sono a doppia cifra.

Addirittura, il debutto sul Mercato obbligazionario Telematico di Borsa Italiana fu ben sopra la pari: 101,45.

Tuttavia, chi intendesse acquistare il BTp a 15 anni adesso, si ritroverebbe a percepire un rendimento di circa l’1% lordo in più all’anno rispetto all’emissione. E dire che già ci sembrò remunerativo quello offerto dal Tesoro all’inizio. Pochi giorni di distanza e un guadagno alla scadenza di circa il 14% netto in più.

Nuovo BTp a 15 anni, esempio d’investimento

La durata dei 15 anni ci appare interessante, perché si colloca a metà strada tra 10 e 20 anni: né breve, né troppo lunga. L’ideale per mettere a frutto un capitale a favore di un figlio piccolo per quando sarà maggiorenne. Ipotizzando di investirvi 100.000 euro nominali, spenderemmo 89.570 euro. Ogni anno, incasseremmo cedole per 3.250 euro, pari a 2.843,75 euro al netto della tassazione del 12,50%. Rapportati alla cifra sborsata, fanno il 3,17%. Se l’inflazione si mantenesse in media al 2%, il nostro rendimento netto reale fino alla scadenza sarebbe superiore all’1%.

E l’1 marzo 2038, lo stato ci rimborserebbe 100.000 euro, cioè 10.430 euro in più di quanto abbiamo speso. La plusvalenza lorda sarebbe dell’11,64%. Al netto dell’imposta, circa il 10,2%. Su base annua, un altro 0,65% che si aggiungerebbe alla cedola, portando il rendimento netto alla scadenza sopra il 3,80%.

Nessuno ci vieterebbe di rivendere il BTp a 15 anni prima della scadenza, approfittando dell’eventuale risalita dei prezzi. Avremmo così la possibilità di incassare la plusvalenza prima e aumentare il rendimento effettivo su base annua. Probabile che i rendimenti continuino a salire e i prezzi a scendere. Ma il grosso delle perdite è alle spalle e, soprattutto, il mercato obbligazionario ha un andamento ciclico, legato alle condizioni monetarie, a loro volta dipendenti da tassi d’interesse, crescita del PIL e inflazione. La fase critica potrebbe durare qualche anno, ma difficilmente si protrarrà a lungo. Salvo sorprese, per loro natura impreviste e sempre dietro l’angolo.

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