Venerdì scorso è arrivata la prima emissione di un bond in dollari in Turchia da quando il presidente Recep Tayyip Erdogan ha conquistato la rielezione nel maggio dello scorso anno. Si è trattato di un importante test per Ankara, da anni in rotta di collisione con gli investitori internazionali per via della sua politica economica non convenzionale seguita fino a pochi mesi fa. L’operazione ha riguardato una scadenza a 10 anni ed è stata offerta per l’importo di 3 miliardi. Il Tesoro ha fissato una cedola del 7,875%, in calo rispetto all’8% ipotizzato prima dell’avvio del collocamento.

Gli ordini sono stati elevati e hanno consentito la discesa del rendimento offerto.

Ennesimo cambio al vertice della banca centrale

C’era già un bond sovrano della Turchia denominato in dollari e in scadenza nel 2034. Per l’esattezza, la data del rimborso è fissata per il 14 febbraio e la cedola è dell’8% (ISIN: US900123AT75). Sul mercato secondario trattava al 7,79% nelle stesse ore in cui debuttava il nuovo decennale. Solamente che il titolo già in circolazione era nato come un bond a 30 anni ed era stato emesso, infatti, nel lontano 2004 a condizioni di mercato sostanzialmente simili a quelle odierne.

Si consideri, tuttavia, che questo bond della Turchia nel 2012 arrivò a quotare sopra 150, offrendo un rendimento alla scadenza del 3,85%. Altri tempi. E tra l’altro il nuovo bond in dollari è stato emesso a pochi giorni dall’ennesimo cambio al vertice della banca centrale. Hafize Gaye Erkan si è dimessa sugli attacchi della stampa contro la sua famiglia. Il padre è stato accusato di intromettersi negli affari dell’istituto senza averne titolo. Tuttavia, è stata sostituita dal presidente Erdogan con la nomina di Fatih Karahan, economista già alla Federal Reserve Bank of New York e in Amazon.

OK dei mercati al nuovo bond della Turchia

I prezzi delle obbligazioni turche sono risaliti fin sopra i livelli pre-dimissioni sulla buona accoglienza del nuovo governatore.

Il mercato ha gradito la nomina e la fermezza con cui il Karahan ha ribadito continuità in politica monetaria. Lo stesso Erdogan sta cercando di evitare gli errori del passato, confermando l’impostazione economica all’insegna della prudenza fiscale da un lato e della stretta sui tassi di interesse dall’altro. E con un’inflazione ancora al 65%, non potrebbe fare diversamente.

Il cambio di passo è arrivato proprio con la rielezione di nove mesi fa. Da allora la neo-nominata Erkan aveva alzato i tassi dall’8,50% al 45%, al contempo svalutando la lira turca di un terzo contro il dollaro e allentando i controlli sui capitali. Le riserve valutarie sono risalite e il rischio sovrano è sceso, dato che adesso Ankara dispone di maggiori risorse con cui ripagare il debito estero. Il successo dell’emissione di venerdì non era per niente scontata. Complice l’atteso taglio dei tassi di interesse nel mondo avanzato, è stato possibile lanciare un nuovo bond in dollari turco allo stesso rendimento già esistente sul secondario e attirando ordini cospicui.

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