Mentre il simposio delle banche centrali va avanti a Sintra, Portogallo, trapelano nuove informazioni circa lo scudo anti-spread allo studio della BCE in queste settimane. Il governatore Christine Lagarde assicura che sarà “efficace” e “proporzionato” e che conterrà le dovute “salvaguardie per preservare l’impeto degli stati membri per politiche fiscali solide”. Già in queste parole si coglie il senso dello strumento che sta per essere varato e i cui dettagli tecnici saranno resi noti dopo il board del 21 luglio prossimo.

In altre parole, lo scudo anti-spread non sarà un vero scudo. Prima di addentrarci nell’analisi, registriamo la discussione in seno alla stessa BCE circa la quantità delle informazioni da fornire al pubblico. Ad esempio, tra i funzionari non c’è ancora accordo sul fatto che debbano essere dichiarate l’entità e la durata del programma.

Rumors su scudo anti-spread

In effetti, Francoforte corre il rischio di istigare i mercati a scommettere contro lo scudo anti-spread nel caso in cui fosse percepito esiguo rispetto alle reali necessità di paesi come Italia e Spagna. Ma il vero tema è che tale strumento sembra sprovvisto di tutte le tre qualità che dovrebbe possedere per essere realmente percepito come scudo: non sarà automatico, non sarà incondizionato e neppure illimitato.

Quello che finora sappiamo è che, a differenza dell’OMT varato da Mario Draghi nel 2012, le condizioni annesse saranno blande, con ogni probabilità faranno riferimento a quelle già siglate dai governi per il Recovery Fund o a un accordo con la Commissione europea. Nessun riferimento al MES, il cui stigma avrebbe effetti indesiderati per i titoli di stato sui mercati e preverrebbe gli stessi governi dal sottoscrivere alcuna intesa.

Le ragioni della prudenza in BCE

Come mai lo scudo anti-spread non avrà caratteristiche tali da renderlo efficace al 100%? Sul piano politico, la BCE e il Nord Europa non vorrebbero privarsi di uno strumento di pressione politica sui governi del Sud Europa, Italia in primis.

Spegnere del tutto e indefinitamente lo spread significherebbe non possedere più alcun potere negoziale con Roma quando si discute di conti pubblici, risanamento fiscale e riforme economiche.

Poi, c’è una questione squisitamente tecnico-giuridica. Negli anni scorsi, diverse personalità di spicco dell’imprenditoria e accademici in Germania portarono il “quantitative easing” di Draghi dinnanzi alla Corte di Karlsruhe e alla Corte di Giustizia UE. Non ottennero ragione. Il programma monetario fu considerato legittimo, ma i giudici tedeschi eccepirono che sarebbe in contrasto con la Costituzione teutonica un piano sprovvisto di strette condizionalità. In altre parole, nessuna monetizzazione dei debiti sovrani sarebbe consentita. I contribuenti tedeschi sarebbero esposti a rischi rispetto ai quali non potrebbero difendersi e incidere.

Rischio attacco speculativo contro BTp

Se tutto questo è vero, d’altra parte uno scudo anti-spread limitato nel tempo, nelle risorse destinate e legato a pur blande condizioni non appare adeguato allo scopo. La BCE non potrebbe intervenire tempestivamente ed efficacemente per spegnere un qualche incendio su questo o quel mercato sovrano. A dimostrazione che siamo prossimi a un altro flop, lo spread BTp-Bund a 10 anni resta in area 200 punti base dopo il board d’emergenza del 15 giugno. E se non si è riavvicinato ai livelli massimi toccati prima del board medesimo a circa 250 punti, è solo perché gli investitori cercano prima di capire quali saranno i dettagli effettivi del nuovo piano. Con questi chiari di luna, molto probabile che rimarranno delusi e che torneranno all’attacco dei BTp nel corso già di questa estate. L’istituto sarà messo subito alla prova.

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