Gli italiani hanno smesso di accumulare risparmi da depositare in banca. Lo spiega l’ultimo Rapporto mensile dell’Associazione bancaria italiana (ABI). Su base annua, nel mese di dicembre hanno ridotto la liquidità di 24,1 miliardi di euro a 1.835,4 miliardi. Tuttavia, rispetto al mese precedente risultano averla aumentata di 22,5 miliardi e ai massimi da agosto. Ma è un altro il dato che salta nell’occhio: dopo un decennio di segno meno, gli investimenti nelle obbligazioni bancarie sono rimasti invariati su base tendenziale e in crescita di 1,7 miliardi a 209 miliardi rispetto al mese precedente.

In pratica, le famiglie italiane sembrano avere smesso di disinvestire in bond bancari, attirati probabilmente dal maggiore rendimento offerto da questa asset class. Se, infatti, i depositi offrivano a dicembre il tasso d’interesse medio dello 0,46%, per le obbligazioni bancarie saliamo al 2,12% contro l’1,76% di un anno prima.

Minore liquidità sui conti e più investimenti

Un altro dato conferma il ritorno all’appetito per gli investimenti. Nel mese di novembre, l’ABI segnala che i titoli in custodia delle banche, sia in gestione che detenuti direttamente dalla clientela, ammontavano a 1.222,6 miliardi di euro. L’incremento annuale è stato di 142,6 miliardi. Di questa somma, il 23% apparteneva alle famiglie. Parliamo di qualcosa come più di 280 miliardi. Ed essa registra un incremento annuale del 40,8%, oltre 80 miliardi, circa il 57,5% dell’incremento complessivo.

Dunque, se da un lato le famiglie hanno ritirato un po’ di liquidità dai conti correnti e deposito, dall’altro hanno riportato in banca ancora più denaro per gli investimenti. E questo è un trend che alle banche stesse piace, perché della liquidità sui conti ad oggi non se ne fanno nulla, visto che ne posseggono in eccesso. Tant’è che continuano a remunerarla poco e niente. Invece, sugli investimenti possono applicare commissioni e spese di gestione, lucrandovi maggiormente.

Obbligazioni bancarie appetibili con alta inflazione

Che siano obbligazioni bancarie o altre forme d’investimento, gli italiani stanno prendendo coscienza del costo legato al mantenimento dei risparmi su conti infruttiferi, ora che l’inflazione è schizzata fin quasi al 12%.

Il ritorno agli investimenti si rivela obbligato per almeno cercare di contenere la perdita del potere di acquisto del capitale. Dalle obbligazioni bancarie si registrava una fuga incessante sin dalla crisi finanziaria mondiale del 2008, quando proprio le banche furono all’origine del terremoto globale. E poi ci fu la crisi del sistema bancario nel 2015-’16, con diversi casi di truffe e scarsa informazione in sede di emissione dei bond ai danni della clientela.

Non tutte le obbligazioni bancarie sono accessibili al retail. Da anni, non lo sono quelle subordinate per via degli alti rischi a carico dell’investitore. Le obbligazioni senior o ordinarie, oltre a rendere certamente più di un conto deposito, riflettono ormai una robustezza patrimoniale degli emittenti ben maggiore di qualche anno fa. Lo segnala anche la forte stabilità dei crediti in sofferenza in valore assoluto e in rapporto agli impieghi. A novembre, addirittura, al netto delle svalutazioni sono scesi di 1,3 miliardi su base annua a 16,3 miliardi, segnando un calo del 7,4%.

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