Quest’anno, l’Indonesia non rispetterà la tradizione di emettere nella primissima parte dell’anno il suo bond in dollari, fungendo così da “benchmark” per i mercati emergenti asiatici, corporate inclusi. La decisione è stata presa dal governo di Giacarta per via dei costi di emissione in dollari in netto rialzo nelle ultime settimane. Per questo, il Tesoro intende prima verificare cosa accadrà sui mercati dopo il board di marzo della Federal Reserve, chiamato quasi certamente ad alzare i tassi USA.

Il direttore generale del Tesoro, Luky Alfirman, ha chiarito di non voler vincolare le casse statali al pagamento di alte cedole. In sostanza, ha esplicitato il significato di “flessibilità” a cui fa riferimento spesso quando parla di debito e mercati: “se i costi sono bassi, le emissioni possono anche essere anticipate; altrimenti, si possono benissimo rinviare”. Del resto, l’Indonesia non ha urgenza di procedere a un’emissione in dollari. La ripresa economica sta aumentando le entrate fiscali, così come l’aumento delle tasse. E il paese del sud-est asiatico dispone di liquidità sufficiente per il breve e medio termine.

Emissione in dollari rinviata, sale il costo del debito

Non è escluso, quindi, che le emissioni in valuta estera siano tagliate quest’anno dal 18-20% dei 1.471,4 milia miliardi di rupie (90,8 miliardi di euro) attese. Dall’inizio dell’anno, gli emittenti asiatici ad esclusione del Giappone hanno collocato sul mercato bond in valute forti (dollari, euro, etc.) per soli 36 miliardi di dollari, il dato più basso dal 2017. Significa che l’atteso rialzo dei tassi USA sta già avendo i suoi effetti: rendimenti sovrani e corporate in crescita e ricerca di vie alternative da parte di governi e imprese per minimizzarne l’impatto. Gli emergenti starebbero già attingendo all’abbondante liquidità raccolta a costi bassi durante la pandemia, nonché avviando politiche di austerità fiscale per ridurre il fabbisogno finanziario.

Nel caso specifico, l’Indonesia ha un basso debito pubblico con rating “investment grade”, salito al 40% del PIL nel 2021. Disponeva a fine gennaio di 141,3 miliardi di dollari tra le riserve valutarie. Un terzo di tale ammontare equivarrebbe al debito estero a breve termine. Positiva negli ultimi mesi la dinamica delle partite correnti. E da inizio anno, il bond in dollari con scadenza 15 aprile 2070 e cedola 4,45% (ISIN: US445780CU87) si è deprezzato del 10,3%, pur rimanendo nettamente sopra la pari, offrendo un rendimento lordo salito al 4,2%.

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