Lo spread tra BTp e Bund è salito sopra 130 punti base, toccando i massimi da oltre undici mesi. C’è tensione sui mercati per la variante Omicron del Covid. Nel frattempo, il rendimento a 10 anni dell’Italia si è riportato alla soglia dell’1%. Gli occhi restano tutti puntati sui governi per capire quali misure adotteranno per frenare i contagi, ma anche sul board della BCE, in programma esattamente tra due settimana, ovvero per il 16 dicembre.

Questo non sarà soltanto l’ultima riunione dell’anno, bensì anche l’appuntamento cruciale per capire cosa Francoforte intenda fare del PEPP, il piano di acquisti dei bond varato contro l’emergenza pandemia.

Consta di 1.850 miliardi di euro di risorse e durerà fino al 31 marzo 2022, salvo ulteriori proroghe. Per evitare il cosiddetto “cliff effect”, cioè un subitaneo crollo della domanda per i bond sovrani, il board BCE potrebbe decidere di potenziare dal prossimo mese di aprile il “quantitative easing” (QE), attualmente pari a 20 miliardi di euro al mese.

Il problema è l’inflazione. Così alta, non autorizza a revisioni profonde a favore del QE. D’altra parte, la variante Omicron sta scompigliando gli scenari. Serviranno settimane per capire se sia più letale delle altre varianti e come impatterà sulla diffusione dei contagi. Sappiamo ad oggi che l’Austria sia in lockdown e la Germania ci sta pensando, mentre ovunque aumentano le restrizioni sui viaggi, specie nel Sud Africa. Porre fine al PEPP senza alcun dubbio sulla sua utilità per i prossimi mesi rischia di essere un errore di valutazione per il board BCE.

Le ipotesi al vaglio del board BCE

Ed ecco che avanzano nuove ipotesi. La prima sarebbe che l’istituto usi una formula ambigua, riservandosi la facoltà di prolungare la durata del programma nel caso si rendesse necessario. In realtà, si tratta di uno scenario abbastanza probabile e anche da prima che arrivasse la variante Omicron.

La seconda consisterebbe nel rinviare la decisione a gennaio, ma tendiamo a scartarla per la semplice ragione che il board BCE aveva promesso di rilasciare la sua decisione in merito entro fine anno. Si tratta di credibilità, merce preziosa per una banca centrale, come dimostra in queste settimane chi l’ha persa, come la banca centrale turca.

Se il PEPP fosse prolungato o al board BCE s’intravedesse almeno una tale probabilità, i rendimenti sovrani nell’Eurozona tenderebbero a restare bassi, se non a contrarsi ulteriormente insieme agli spread. C’è un rischio opposto, ovvero che tale soluzione “surriscaldi” ulteriormente le aspettative d’inflazione, riducendo gli acquisti dei bond e paradossalmente innalzandone i rendimenti. D’altronde, l’inflazione nell’Eurozona è salita a ridosso del 5% a novembre, mai così alta nella storia dell’unione monetaria.

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