Doccia fredda nella giornata di martedì per le borse mondiali. L’inflazione americana nel mese di agosto è solo di poco rallentata all’8,3% dall’8,5% di luglio. Su base mensili, l’indice dei prezzi al consumo ha continuato a salire dello 0,1%, mentre le attese erano per un calo dello 0,1%. Il mercato dei bond ha reagito male. Il Treasury a 10 anni è salito al 3,44%, mentre lo spread 10/2 anni è sprofondato martedì pomeriggio (ore italiane) al -0,30%. Sono stati segnali importanti per l’obbligazionario mondiale. Gli investitori si aspettano ancora una volta un maxi-rialzo dei tassi FED anche per settembre.

Già alle riunioni di giugno e luglio la banca centrale americana ha alzato il costo del denaro dello 0,75% per volta, mai così tanto dal 1994. Probabile che farà altrettanto al prossimo board, quando i tassi salirebbero al 3,25%.

Tornando al mercato dei bond, la curva delle scadenze negli USA rimane invertita, pur meno di agosto. Sarebbe il risultato di aspettative pessimistiche sull’economia americana, a seguito proprio della stretta sui tassi. In altre parole, gli investitori credono che la lotta all’inflazione spingerà gli USA in recessione.

Mercato dei bond giù su tassi FED

Questo ha riflessi diretti sull’Eurozona e il resto del pianeta. Il cambio euro-dollaro è tornato sulla parità dopo il dato sull’inflazione USA, mentre era salito nelle ore precedenti a ridosso di 1,02. L’atteso maxi-rialzo dei tassi FED rafforza il dollaro, mentre spinge al rialzo anche i rendimenti sul mercato dei bond dell’Area Euro. I titoli di stato americani fanno sempre più concorrenza spietata a quelli d’Europa e Asia, inducendo gli obbligazionisti a pretendere rendimenti maggiori anche sugli altri mercati.

E poiché la BCE non può permettersi un euro troppo debole, rischiando di accentuare l’inflazione attraverso l’aumento dei costi per i prodotti importati, la stretta anche nell’unione monetaria dovrà essere necessariamente più drastica.

Ciò grava sugli spread, dato che i paesi del Sud Europa con alti debiti sono percepiti più a rischio sul piano fiscale del Nord Europa con il rialzo dei tassi. In sostanza, l’inflazione americana è stata una notizia negativa per i BTp, che risentono peggio degli altri titoli di ogni dato che comporti una stretta monetaria più veloce e/o drastica.

[email protected]