Tutti a guardare le grosse emissioni di obbligazioni sui mercati internazionali da parte di realtà emergenti come l’Arabia Saudita e il Messico, quest’ultimo attraverso la compagnia petrolifera Pemex. Eppure, vi ha fatto capolino in settimana anche la Colombia, che ha emesso due bond con scadenza rispettivamente a 10 e 30 anni. Il primo è stato offerto per un importo di 1,543 miliardi di dollari, il secondo per appena 300 milioni. La scelta di avere anticipato le emissioni emergenti concorrenti più corpose ha pagato, perché Bogotà ha potuto rifinanziarsi sul termine decennale a un rendimento di appena il 3,128%, prezzando il bond a 98,908.

Rispetto al Treasury di pari durata, lo spread è risulta di 135 punti base, meno dei 140-155 attesi dalla guidance iniziale, offrendo un premio di appena 7 bp rispetto alle obbligazioni in dollari già emesse e in scadenza nel 2029.

Quanto al trentennale, in scadenza nel 2049, la cedola del 5,20% ha evidentemente attirato gli investitori, che non si sono fatti sfuggire l’occasione di puntare su un’emissione in dollari, a lungo termine, “investment grade” e relativamente remunerativa. Il pricing è stato fissato a 121,025, esitando un rendimento annuo del 3,968%, 173 bp sopra il corrispondente Treasury, ben sotto i 200 della guidance e a premio di soli 3 bp rispetto alle obbligazioni trentennali colombiane già circolanti, ovviamente sempre in valuta americana. Del resto, a fronte di 1,843 miliardi offerti, la domanda è culminata a un totale di 12 miliardi, di cui 7,5 miliardi dedicati alla tranche decennale e 3,5 miliardi a quella trentennale.

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Il confronto benevolo con il Messico

L’esito dell’asta è apparso fin troppo benevolo, se si considera che il Messico aveva emesso pochi giorni prima titoli a 10 e 30 anni a +150 e +175 bp rispettivamente sui Treasuries di pari durata. E la Colombia ha un rating inferiore a quello messicano, ossia “Baa2/BBB-/BBB” contro “A3/BBB+/BBB”.

Avrà giocato a suo favore il basso importo complessivamente offerto, mentre il Messico è gravato da problemi fiscali legati perlopiù alle finanze di Pemex, che gravano sui conti pubblici. Parte dei proventi della raccolta verrà impiegato per attuare un’operazione di scambio con obbligazioni in dollari in scadenza nel 2021 e cedola 4% e altre in scadenza nel 2024 e cedola 4,375%.

Il debito pubblico colombiano si attesta a più del 50% del pil, ma il governo di Bogotà sta adottando alcune misure per ridurre gli squilibri della bilancia commerciale e delle partite correnti. La crescita economica è attesa in accelerazione al 3,3% quest’anno. I rendimenti sovrani in pesos sono diminuiti negli ultimi mesi, passando dal 7,20% dell’autunno 2018 al 5,77% attuale per i decennali e dal 6% al 4,80% per i quadriennali nello stesso arco di tempo. Il cambio contro il dollaro si è indebolito di circa il 5,5% nell’ultimo anno e a un ritmo medio del 3,6% nell’ultimo decennio. Da qui si spiega perché i rendimenti in dollari a 10 anni si attestino a circa il 2,6% in meno di quelli dei bond in pesos.

I rischi politici non mancano, però. Le riforme del presidente Ivan Duque stanno provocando manifestazioni di protesta, pur non violente come quelle esplose inaspettatamente in Cile nell’autunno scorso e che hanno provocato decine di vittime. Tuttavia, le tensioni non favoriscono l’attuazione dell’agenda, quando gli organismi internazionali ritengono che la Colombia abbia bisogno di un deciso sforzo sul piano fiscale per rendere più competitiva l’economia e ridurre i disavanzi di bilancio, per quanto siano non allarmanti.

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