In piena pandemia lo stato di Israele emise un bond a 100 anni in dollari per l’importo di 1 miliardo (ISIN: US46513JB593) e offrì per l’occasione una cedola fissa lorda del 4,50%. L’operazione servì a finanziare la lotta contro il Covid-19. A distanza di quasi quattro anni, la quotazione sul mercato secondario risulta scesa a poco più di 73 centesimi, per cui ha perso oltre un quarto del suo valore rispetto all’emissione e risulta dimezzata dai massimi toccati nel luglio del 2020.

Ma dai minimi di fine ottobre scorso, quando era scesa sotto 66 centesimi, segna un rialzo di circa il 10%.

Spread in calo, malgrado la guerra

Ai prezzi attuali, il bond di Israele offre un rendimento del 6,30%. Non esiste la possibilità di un confronto diretto con i T-bond degli Stati Uniti, in quanto questi arrivano fino alla durata massima di 30 anni. E, quindi, possiamo limitarci a guardare proprio al rendimento di questa scadenza per valutare il potenziale premio. Esso si aggira al momento intorno ai 185 punti base o l’1,85%. Considerate che quando avvenne l’emissione, lo spread era sui 325 punti o 3,25%. Questo significa che c’è stato un forte restringimento da allora.

E questo discorso non appare scontato. Israele è in guerra contro Hamas, l’organizzazione terroristica che gestisce la Striscia di Gaza da cui nell’ottobre scorso partì un attacco sanguinario ai danni di 1.200 civili dello stato ebraico. E le tensioni sono fortissime anche con Washington, che nelle ultime settimane sta prendendo le distanze dall’operato del governo Netanyahu, giudicando la reazione “eccessiva”. In teoria, ce ne sarebbe per stare prudenti dinnanzi anche ad un buon rendimento come quello che propone il bond a 100 anni.

Bond Israele, pollice su

Ma se il mercato non teme per la tenuta del debito sovrano israeliano, ha ottime ragioni. E’ vero che l’aumento della spesa militare pesa sul bilancio dello stato.

Il deficit è atteso in crescita dal 4,2% al 6,6% del PIL. Ma il rapporto tra debito e PIL resta nei livelli di guardia, al 62,1% nel 2023. E i rating sono alti: AA- per S&P, A+ per Fitch e A2 per Moody’s. Le riserve valutarie con cui pagare il debito estero sono molto elevate: sopra 206 miliardi di dollari a gennaio, contro un debito in valuta a breve termine inferiore ai 57 miliardi al 30 settembre scorso.

Altro dato da considerare è il saldo corrente attivo. In pratica, Israele tende ad esportare complessivamente (merci, servizi e capitali) in quantità superiore alle importazioni. Ciò si traduce in un afflusso netto di valuta estera, a beneficio della solidità creditizia. Per quanto detto, pur con tutte le cautele del caso e anche slegate dal contesto geopolitico, il bond di Israele a 100 anni si rivela un potenziale buon investimento.

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