Avrebbe dovuto essere un non-evento, ma data la tempistica della riunione, il board della BCE di dopodomani sta assumendo un significato rilevante per il mercato. Anzitutto, il governatore Christine Lagarde avrà il non facile compito di spiegare in conferenza stampa il nuovo target d’inflazione, ridefinito al 2% da “vicino, ma di poco inferiore al 2%”. Dovrà essere capace di segnalare il maggiore raggio d’azione di cui disporrà l’istituto, altrimenti la reazione dei mercati rischierebbe di essere negativa.

Ma le maggiori attenzioni saranno concentrate sui possibili mutamenti della politica monetaria.

La variante Delta disturba i sonni dei governi e già ha spinto alcuni di essi a ripristinare certe restrizioni anti-Covid. Il boom dei contagi minaccia le riaperture, ossia le stime di crescita del PIL per l’Eurozona, appena alzate dalla Commissione europea. Come reagirà il board della BCE? Sappiamo che si è impegnato a tenere sostenuti gli acquisti di bond con il PEPP. Nella settimana al 16 luglio, sono stati 22,09 miliardi di euro, praticamente la stessa cifra della settimana precedente (22,10 miliardi).

Board BCE, dilemmi PEPP e QE

Dopo settembre, però, il board della BCE potrebbe rallentare gli acquisti. Ora, dato lo scenario incerto che abbiamo davanti, sarebbe appropriato segnalare una simile prospettiva ai mercati? Il punto è che probabilmente Francoforte deciderà sulla base delle prossime previsioni macro, che saranno pronte proprio per settembre. Fino ad allora, si terrà le mani libere.

Al venerdì scorso, gli acquisti di bond realizzati con il PEPP ammontavano a 1.229,8 miliardi di euro. Siamo ai due terzi dei 1.850 miliardi messi a disposizione dall’istituto, sebbene non necessariamente il programma dovrà essere sfruttato appieno. C’è chi ipotizza già che sarà esteso ulteriormente dopo il marzo dell’anno prossimo. C’è chi, invece, scommette che a mutare sarà il “quantitative easing”, il piano ordinario di acquisti mensili da 20 miliardi. Ad oggi, questi ammontano a 2.423,6 miliardi.

In effetti, se il problema è strutturale, cioè la BCE non riesce da anni a centrare il target d’inflazione, una volta superata l’emergenza pandemia è sul QE che bisognerebbe agire. D’altra parte, spostare gli acquisti di bond dal PEPP al QE non sarebbe neutrale. I due programmi funzionano secondo criteri differenti: più flessibile il primo, molto meno il secondo. Il PEPP consente tra l’altro di acquistare titoli di stato con rating “spazzatura” fino a BB-, come quelli emessi dalla Grecia. E non è tenuto a rispettare il “capital key”, vale a dire il criterio di proporzionalità degli acquisti rispetto alle dimensioni del PIL degli stati. Difficile, però, che su questi aspetti la BCE si pronunci domani. Da settembre sarà tutto un altro discorso.

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