“Ho in portafoglio BTp Futura con scadenza 14 luglio 2030 (ISIN: IT0005415291) e sto notando che è andato giù ultimamente. Pensa che la caduta sia momentanea o no?”.

Il bond a cui fa riferimento il nostro lettore è stato il primo retail con cedole crescenti e premio fedeltà legato all’andamento del PIL nominale italiano. Fu emesso dal Tesoro nell’estate di due anni fa con l’obiettivo di raccogliere tra le famiglie capitali da investire contro la pandemia. Attualmente, la sua quotazione sul Mercato obbligazionario Telematico di Borsa Italiana viaggia in area 97 centesimi.

Ciò significa che i 15.000 euro nominali investiti dal lettore valgono 14.550 euro.

Il BTp Futura 2030 era arrivato a quotare sopra 105 e fino a un massimo di 106,30 nel corso del 2021. Ai prezzi di ieri, offriva un rendimento lordo dell’1,67%. Considerato che la cedola media offerta dall’inizio alla scadenza risulta essere dell’1,285% e che il premio fedeltà massimo a cui l’obbligazionista può aspirare è del 3%, il rendimento attuale si rivela superiore a quello massimo possibile in favore di quanti abbiano acquistato il titolo in fase di collocamento e lo deterranno fino alla fine.

BTp Futura 2030, quotazione in calo

Ma l’andamento negativo della quotazione ha messo in allarme il possessore che ci ha scritto. Per rispondere alla sua domanda, dobbiamo ammettere che non si tratta di un trend passeggero. Il calo è determinato dal rialzo atteso dei tassi BCE, a sua volta legato all’aumento dell’inflazione. Quando il BTp Futura 2030 fu emesso due estati fa, il rischio principale a cui andava incontro l’economia era la deflazione da un lato e la recessione dall’altro. Adesso, i prezzi al consumo stanno crescendo al ritmo del 5% su base annua.

Il bond presenta una durata residua di oltre otto anni. I rendimenti italiani per questa scadenza si attestano ormai in area 1,75%. Addirittura, quindi, il BTp Futura 2030 starebbe rendendo a sconto.

Rivenderlo prima della scadenza implica accollarsi una perdita tendenzialmente crescente nei prossimi mesi e anni rispetto alla quotazione di emissione, che fu alla pari. Tale soluzione avrebbe senso se la liquidità così ottenuta potrebbe essere investita per i prossimi anni in asset più redditizi e tali da più che coprire la perdita. Attendere la data di rimborso significa, per contro, accontentarsi di un rendimento reale negativo, cioè inferiore al tasso d’inflazione. L’errore, se possiamo permetterci, è stato alla base: investire in un bond a lunga scadenza a tassi bassi.

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