La scorsa settimana è stata drammatica per i titoli di stato di Sua Maestà. Almeno fino a metà seduta di mercoledì, quando i rendimenti britannici raggiunsero il loro picco. Sarà che la morte di Elisabetta II non abbia portato bene al Regno Unito, sta di fatto che il mese di settembre del 2022 rimarrà negli annali di Londra come una sorta di mese maledetto. Non appena il nuovo governo della premier Liz Truss ha presentato il maxi-piano contro il caro bollette e per il taglio delle tasse, il mercato ha iniziato a prendere di mira i Gilt, pretendendo rendimenti sempre più elevati.

I timori riguardano il ricorso al debito pubblico, già elevato in rapporto al PIL.

Il Gilt a 30 anni, scadenza 31 luglio 2053 e cedola 1,50% (ISIN: GB00BM8Z2V59) è schizzato dal 3,50% al 5%. La tensione sui mercati è stata così palpabile che è dovuta intervenire la Banca d’Inghilterra per rassicurare gli investitori. Tornerà a comprare bond UK all’asta dal 14 ottobre, mentre dal 31 ottobre partiranno le vendite nette, rinviate così di quasi un mese. E così, il Gilt 2053 era sprofondato ad un minimo di 48,76 centesimi. Una quotazione bassissima, se si pensa che ancora agli inizi di agosto sfiorava gli 84 centesimi. Ma appena è arrivato il sostegno della banca centrale, è tornata a salire rapidamente, chiudendo sopra 57 nella seduta di mercoledì e sopra 58 venerdì.

Gilt 2053, maxi-rialzo del 20% dai minimi

Il balzo è stato notevole. In poche ore, la quotazione del Gilt segnava +17% e in un paio di sedute +20%. Nel frattempo, la sterlina si era rafforzata contro l’euro dell’1,3%. Questo significa che chi avesse acquistato il nuovo trentennale ai minimi toccati mercoledì mattina, già venerdì poteva vantare un guadagno complessivo di oltre il 21%. Peraltro, l’intervento della Banca d’Inghilterra ha contribuito in misura determinante a fare risalire i corsi un po’ di tutti i titoli di stato in Europa.

Il mercato ha iniziato a scontare simili reazioni da parte della BCE nel caso ve ne fosse bisogno.

Resta da vedere quanto durerà l’effetto positivo che ha avuto l’annuncio di Londra. Esso si mostra incompatibile con l’obiettivo dichiarato di riportare il tasso d’inflazione al target del 2% dal 10% a cui è arrivato in Europa. E di certo né i Gilt, né i bond dell’Eurozona possono rafforzarsi convintamente con aspettative d’inflazione che andassero “surriscaldandosi” nei prossimi mesi. D’altra parte, il governatore Andrew Bailey ha nei fatti posto un “floor” ai prezzi o, se vogliamo, un tetto ai rendimenti britannici. Questo dovrebbe sostenere i Gilt nelle fasi ribassiste, evitando i ribassi estremi della settimana scorsa. Ma ciò stesso limite le opportunità di recupero della sterlina con tassi FED attesi sempre più alti. Insomma, il beneficio netto dell’operazione è tutto da scoprire.

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