Ad un mese e mezzo dal suo insediamento come ministro dell’Economia in via XX Settembre, Giancarlo Giorgetti può dirsi soddisfatto. Molto prematuro fare bilanci, ma i primi passi del governo Meloni sono stati premiati dai mercati. Lo spread è sceso ai minimi dalla primavera scorsa e la borsa italiana è salita più di tutte le altre piazze finanziarie principali in Europa e Stati Uniti. E l’emissione del BTp Italia 2028, il primo sotto l’esecutivo di centro-destra, è stata un relativo successo.

Gli ordini complessivi hanno superato nettamente quelli di giugno, quando al governo c’era Mario Draghi e in offerta il BTp Italia 2030.

Ma su un aspetto Giorgetti si è mostrato insoddisfatto: le famiglie italiane continuano ad investire poco in BTp. Il ministro ha ricordato che in portafoglio alla fine del 2021 avevano appena il 6,4% del debito pubblico italiano. E per questo ha sostenuto la necessità di disegnare appositamente per i risparmiatori italiani “nuovi strumenti finanziari”.

I due precedenti di bond retail

L’espressione è importante. A meno che non fosse retorica vuota, significa che il Tesoro si accinge a studiare nuovi titoli di stato dedicati al retail. La storia recente invita, tuttavia, alla prudenza. Ad oggi, sono stati due i titoli del debito pubblico destinati agli investitori individuali domestici. I primi furono inventati dall’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, sebbene debuttarono sul mercato pochi mesi dopo le sue dimissioni. Sono proprio i BTp Italia, presenti sin dal 2012.

In diciotto emissioni, il Tesoro ha raccolto circa 193 miliardi di euro. Sembrano tanti, ma si tratta di una media di poco superiore ai 10 miliardi per emissione. Tanto che dopo un’iniziale esclusiva riservata alle famiglie, il Tesoro è stato costretto ad aprire agli investitori istituzionali per attirare maggiori ordini.

E tra il 2020 e il 2021, il governo ci riprovò con i BTp Futura. Titoli di stato con cedole crescenti e premio fedeltà legato al PIL nominale.

Non hanno fatto faville neppure questi. Pur essendo stati legati ufficialmente alla pandemia, non si sono avute più emissioni del genere nell’ultimo anno. E per un motivo semplice: per quanto il governo s’impegni ad offrire condizioni apparentemente positive, gli ordini delle famiglie non decollano. Infatti, la loro quota sembra crescere di poco negli ultimi trimestri.

La vera impresa di Giorgetti

Giorgetti lo sa e dovrebbe sapere anche che le emissioni dedicate ai risparmiatori italiani presentano due debolezze di fondo: sono relativamente più costose e hanno durata medio-bassa. Difficile attirare le famiglie, in effetti, con un bond a 20 o 30 anni. Eppure, l’Italia avrebbe bisogno proprio di allungare ulteriormente la vita media dei suoi titoli, al fine di sottrarsi alla volatilità dei tassi di mercato.

Cosa avrebbe in mente Giorgetti per spronare ulteriori investimenti da parte degli italiani in BTp? Introdurre novità tecniche rilevanti rischia di essere percepita come la mossa disperata di uno stato a caccia di denari. D’altra parte, non si comprende bene cos’altro si potrebbe studiare, se non qualche strumento incentivato sul piano fiscale e magari legale. Ad esempio, una sorta di scudo incondizionato per gli investimenti, quali ne sia stata l’origine (evasione fiscale, attività illecite, ecc.).

Se Giorgetti vuole accrescere la quota di BTp in mano alle famiglie italiane, però, deve cercare da ministro dell’Economia di rassicurare il più possibile sulla sostenibilità del nostro debito pubblico. E per farlo, non servono belle dichiarazioni e frasi ad effetto. L’unico modo perché un debito possa essere considerato sostenibile consiste nel porre un freno alla sua crescita, ovvero alla spesa pubblica. Solo se si avrà la percezione che i bilanci dello stato inizino a quadrare, le famiglie torneranno a riporre fiducia nei titoli del debito.

Finché sui giornali continueremo a leggere di spread, default, commissariamento, acqua alla gola e altre perle simili, difficile che la platea dei “Bot people” aumenti considerevolmente.

[email protected]