Le agenzie di rating ci sono o ci fanno? Nelle more di una risposta convincente, non possiamo non prendere atto dell’ennesimo flop che ne mette in serio dubbio l’affidabilità. Venerdì sera 10 marzo, Silicon Valley Bank veniva chiusa dalle autorità finanziarie della California. Il fallimento è conclamato dopo un paio di giorni di forti tensioni sui mercati. Peccato che fino ad allora Moody’s giudicasse il suo merito creditizio Baa1, vale a dire con una valutazione media. Solo a seguito degli eventi ha dovuto rivederlo a C, cioè nettamente “spazzatura”.

Il caso ricorda quanto avvenuto nel 2008 con Lehman Brothers. Fino al giorno del crac, sempre Moody’s considerava la banca americana un emittente molto affidabile. Giudizio: A2. Subito dopo si affrettava a tagliarlo in area “non investment grade” (B3).

Questa settimana, Fitch ha rivisto da A- a BB il suo giudizio su First Republic Bank, altro istituto di credito in odore di crac. La mossa non allontana le ombre sull’affidabilità delle agenzie di rating, se è vero che fino a qualche giorno fa questa banca era classificata come molto solida. Del resto, persino la Grecia ebbe il rating A3 di Moody’s fino a quando non fu costretta a chiedere assistenza finanziaria alla Troika (UE, BCE e FMI) nel maggio del 2010.

Le agenzie di rating servirebbero proprio per capire la solidità di un debitore. Quando compro un bond sul mercato obbligazionario, non sono tenuto a conoscere vita, morte e miracoli dell’emittente. Tuttavia, mi affido alle valutazioni indipendenti di istituti specializzati. Essi mi offrono un giudizio immediato espresso in lettere dell’alfabeto (anche in numeri nel caso di Moody’s). Si va da un massimo di AAA a un minimo di D nelle rispettive scale di voti.

Agenzie di rating e conflitti d’interesse

Che le agenzie di rating non siano infallibili, lo segnala anche la loro struttura societaria.

Moody’s è partecipata per il 13,5% da Berkshire Hathaway, la holding di Warren Buffett. Seguono numerosi altri investitori istituzionali, tra cui Vanguard (7,21%) e Franklin Mutual Advisers (3,05%). Palesi i possibili conflitti d’interesse. Possiamo immaginare che la neutralità dei giudizi sia, in un certo senso, offuscata da pressioni esplicite o implicite che arrivano dagli azionisti? E’ credibile che un’agenzia di rating giudichi con estrema obiettività un cliente, che intrattiene relazioni finanziarie con la proprietà controllante?

Non sono state solo le agenzie di rating ad avere fallito l’ennesima prova. KPMG aveva certificato i bilanci di SVB fino a qualche giorno prima del crac. E Forbes a febbraio inseriva la banca tra le migliori per capacità gestionale. Tutti indizi molto forti di una superficialità di analisi, che spesso è frutto della smania di stampa e operatori del settore di offrire informazioni sempre più minuziose e fresche. C’è un eccesso di analisi nel mondo odierno, che va a sommarsi alla voglia di non inimicarsi nessuno. Una società di consulenza difficilmente boccerà il bilancio di un cliente pagante, perché è consapevole che un attimo dopo perderebbe la commessa e questi si rivolgerebbe a una società concorrente più benevola.

E’ così che funziona il magico mondo della consulenza e delle agenzie di rating. Non a caso queste ultime sono molto più severe con i clienti “obbligati”, ossia coloro che per natura non possono sottrarsi al loro giudizio: gli stati. Moody’s classifica il debito pubblico italiano Baa3, cioè un gradino sopra il livello “spazzatura”, nonostante il nostro Paese non abbia mai saltato una scadenza nella sua storia e mai abbia segnalato di volerlo fare. Per questa agenzia, i nostri BTp erano meno sicuri dei bond emessi da SVB fino alla settimana scorsa. Ed è sui giudizi di istituti come questi che il mercato fissa i livelli di rendimento lungo la curva delle scadenze.

Calcolate voi il costo della malafede e dell’incompetenza.

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