Soltanto nove anni fa, la Grecia era costretta a ristrutturare il suo immenso debito pubblico in mano ai creditori privati. Questi subirono perdite per il 53,5% del capitale e l’allungamento delle scadenze. Oggi, i titoli di stato ellenici sono praticamente “superstar” sul mercato. La loro curva dei rendimenti è scesa sotto i livelli italiani per le scadenze non brevi. Pensate che il rendimento a 10 anni oggi si attesta poco sopra lo 0,80%, mentre quello italiano sfiora lo 0,90%. E sul tratto ventennale, la distanza tra Atene e Roma si amplia a una trentina di punti a favore della prima.

Per completare la carrellata delle stravaganze, nei giorni scorsi il decennale del Tesoro americano ha offerto più dei bond della Grecia di pari durata, tenuto conto del costo sostenuto dal mercato per proteggersi contro il rischio di cambio. In pratica, uno stato fallito come la Grecia riesce a spuntare tra gli investitori tassi più bassi della superpotenza mondiale. Com’è possibile tutto questo?

No, il mercato non è impazzito. O almeno, non specificamente sul debito della Grecia. Esiste una serie di combinazioni, per cui i “sirtaki” bond oggi stiano registrando una performance migliore di quella dell’Italia. Per prima cosa, se è vero che il rapporto debito/PIL del paese sia ormai salito al 200%, va notato come per l’80% lo stock sia in mano ai creditori pubblici (UE, BCE e, in misura ormai residuale, FMI). Al 31 marzo scorso, solamente circa 84 degli oltre 380 miliardi risultavano in mano ai creditori privati.

Debito della Grecia, la mano della BCE

Questo aspetto è importante sotto diversi profili. Anzitutto, perché segnala al mercato che, nel caso di difficoltà, quasi certamente si agirebbe sul debito in mano ai creditori pubblici, dato che il settore privato già diede nel 2012. Secondariamente, ciò significa anche che il mercato sovrano ellenico sia fin troppo poco liquido. Nonostante la Grecia sia iper-indebitata, di suoi titoli di stato in circolazione se ne trovano pochissimi.

Al contrario dell’Italia, che ha un mercato sovrano che già tende ai 2.200 miliardi.

Ora, nel marzo 2020 la BCE varò il PEPP, un programma di acquisti di bond per reagire all’emergenza Covid. Eccezionalmente, inserì il debito della Grecia tra quelli acquistabili, malgrado i rating “non investment grade”. Da allora e al 31 marzo scorso, risulta avere acquistato 22 miliardi di bond ellenici su neppure 84 miliardi di debito negoziabile sul mercato. Stiamo parlando di oltre il 26% del totale. E il tutto in appena un anno. Per giungere alla stessa percentuale, tra PEPP e “quantitative easing”, l’Italia ha dovuto attendere sei anni. In sostanza, la Grecia sta beneficiando di acquisti sei volte più intensi di quanti ne abbia avuti l’Italia ad oggi da parte della BCE.

Nei giorni scorsi, poi, i governi dell’Eurozona hanno concordato di alleggerire il debito della Grecia di 750 milioni di euro, notando progressi sul fronte della gestione fiscale e delle riforme economiche. La mossa conferma il buon umore che ormai da tempo si respira a Bruxelles circa i rapporti con Atene. Il mercato specula che la BCE inserirà prima o poi i bond ellenici anche tra i titoli acquistabili con il QE, rinunciando alla clausola per cui possano essere inseriti in portafoglio solo i titoli con rating “investment grade” (IG).

Liquidità abbondante e occasione Recovery Fund

A tale proposito, il ritorno all’area IG sarebbe una questione di tempo, forse di un paio di anni al massimo. La copertura garantita dalla BCE ai debiti sovrani dell’area, specie durante la pandemia, ha allontanato i timori del mercato riguardo alla sostenibilità di quelli più problematici, greco e italiano in testa. Peraltro, i governi europei potrebbero concedere ad Atene condizioni ancora più morbide sulle centinaia di miliardi di euro di crediti.

Anche per tale via, il debito della Grecia diverrebbe più sostenibile di quanto non lascerebbero pensare i freddi numeri.

E ancora: la Grecia dispone di oltre una trentina di miliardi di liquidità, qualcosa come il 20% del PIL. Formalmente, non ha alcun bisogno di emettere nuovo debito da qui al breve e medio periodo. Ciononostante, nell’ultimo biennio ha raccolto sui mercati 25 miliardi per approfittare dei bassi costi e mantenere intatta la liquidità, così da rassicurare gli investitori sui pagamenti futuri. Stando al calendario delle emissioni pubblicato dal Tesoro ellenico, da qui a fine anno il governo si rivolgerebbe ai mercati per altri 3 miliardi, una cifra molto bassa rispetto alle esigenze di finanziamento degli altri governi del continente.

Infine, il capitolo Recovery Fund. La Grecia ha ottenuto 32 miliardi di euro tra prestiti e sovvenzioni, pari a un quinto del PIL. Per intenderci, quasi il doppio di quanto portato a casa dall’Italia. Un’occasione per rilanciare la crescita, dopo il -25% del PIL reale accusato dal paese dal 2007 fino alla pandemia. Perché è evidente che ulteriori sforzi di risanamento fiscale siano improbabili ormai e che il calo del debito della Grecia avverrà principalmente attraverso il potenziamento del tasso di crescita.

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