Intesa Sanpaolo sta per lanciare il primo “basket bond” dal valore di 2-300 milioni di euro e che fa parte di più ampio piano di emissioni per 1 miliardo di euro. E’ questo il segnale che la sua divisione Banca dei Territori intende lanciare a sostegno delle piccole e medie imprese (PMI), al contempo mantenendo un’elevata qualità degli assets. Si tratta di prestiti che verranno complessivamente concessi a 200 attività (una cinquantina per la prima emissione) e che successivamente verranno cartolarizzati, vale a dire ceduti sul mercato agli investitori istituzionali.

La definizione formale sarebbe quella di “Asset-backed securities”, cioè di obbligazioni rappresentative di prestiti e che sono garantite da attivi sottostanti. Appaiono molto simili ai “Mortgage-backed securities”, con l’unica differenza che in questo caso gli attivi non sono costituiti dalle ipoteche immobiliari.

Il QE2 della BCE di Draghi scatena gli acquisti di bond

Vediamo nei dettagli come funziona. Intesa Sanpaolo emetterà a regime basket bond per 1 miliardo di euro e questi verranno acquistati dagli investitori istituzionali (banche, fondi, Etf, assicurazioni). I titoli rappresenteranno prestiti che la stessa Intesa avrà erogato a centinaia di piccole imprese, garantiti dai loro assets, come gli impianti produttivi, i capannoni, crediti commerciali, etc. Qual è la ratio di questa operazione? Da un lato, far fluire denaro a soggetti che altrimenti avrebbero poche probabilità di riceverlo e certamente a costi inferiori rispetto a uno scenario ordinario; dall’altro, assegnare alla banca erogatrice sufficienti coperture dai rischi di insolvenza, di fatto trasferiti al mercato.

Gli istituzionali, a caccia di rendimento per via degli altissimi prezzi a cui sono esplose le obbligazioni sovrane e corporate nel mondo avanzato, hanno così la possibilità di puntare su investimenti altrimenti loro preclusi per via delle scarse dimensioni dei prestiti e delle relative garanzie della singola impresa finanziata. In più, con il basket bond il rischio viene minimizzato, grazie all’opera di diversificazione portata avanti da Intesa con emissioni che terranno conto del comparto merceologico e dei mercati geografici in cui i debitori sono attivi.

Abs nel mirino della BCE

Gli Abs sono stati considerati degni di nota dalla BCE sin dal primo “quantitative easing”. Francoforte ne ha acquistati per quasi 26 miliardi di euro, poco meno dell’1% dell’intero programma. Non tanto, in effetti, ma si consideri che le dimensioni di questo mercato risultino scarse e a maggior ragione in Italia, dove l’ingegneria finanziaria si mostra meno sviluppata, anche per via dello scetticismo storico degli investitori nel Bel Paese verso strumenti non di facile comprensione. Ad ogni modo, gli Abs di Intesa presentano rischi, che sarebbe bene gli istituzionali valutassero con attenzione.

Per prima cosa, proprio la scarsa liquidità aumenterebbe il pericolo di valutazioni sul mercato assai inferiori nei casi in cui si dovesse avere bisogno di rivendere in tempi brevi. Secondariamente, gli assets sottostanti a garanzia sono tipicamente poco liquidi, cioè non facili da escutere nel caso di inadempimento, per cui non è detto che vi si possa fare reale affidamento. Questo implica l’assunzione di rischi probabilmente superiori a quelli che il mercato tende a scontare in questa fase, specie nel caso di deterioramento delle condizioni macro (e l’aumento delle probabilità di default tra i soggetti debitori). I prezzi di questi Abs sono tenuti alti proprio dagli acquisti BCE (i rendimenti, pertanto, risultano bassi anch’essi come quelli della generalità del mercato obbligazionario), anche se la buona notizia per chi investirà in questi titoli sta proprio nella riattivazione del QE. E non sarebbe stato un caso l’annuncio di Intesa subito dopo l’ultimo board di giovedì.

L’Eurozona è in deflazione, gli acquisti BCE di Abs non funzionano

[email protected]