Oggi e domani, il braccio monetario della Federal Reserve (FOMC) si riunisce per decidere le sue prossime mosse. L’evento è molto atteso, anche perché arriva dopo il dato sull’inflazione americana a dicembre, salita al 7%, ai massimi dal 1982. Le conseguenze di questa riunione si avranno anche sui BTp, che non a caso segnala da diverse sedute un’impennata dello spread decennale fin sopra i 140 punti base, vale a dire ai livelli più alti dal settembre 2020.

Il governatore Jerome Powell si trova nella difficile condizione di dovere reagire contro l’alta inflazione e al contempo evitare che la stretta monetaria freni la crescita dell’economia americana dopo la pandemia e colpisca eccessivamente i mercati finanziari, da tempo in bolla.

Un rialzo dei tassi già nella giornata di domani sarebbe un mezzo choc per gli investitori, tra i quali quasi il 95% resta convinto che il costo del denaro resterà fermo. L’aumento è intravisto a partire dal board di marzo. Nell’anno in corso, dovrebbero esservene quattro da 0,25% ciascuno. Alla fine del 2022, i tassi saliranno nel range 1-1,25%, stando alle previsioni.

BTp e spread sotto pressione

Una stretta annunciata già domani segnalerebbe ai mercati che la prima banca centrale del mondo stia anticipando i suoi sforzi contro l’inflazione, irrimediabilmente accelerando la reazione degli altri istituti. La BCE ha sin qui escluso un rialzo dei tassi per quest’anno, ma è un dato di fatto che l’inflazione nell’Eurozona sia salita al 5%, 2,5 volte il target. E anche la FED definiva “transitoria” l’inflazione americana, salvo cambiare idea negli ultimi mesi, quando la crescita dei prezzi si era fatta pesante per essere ignorata.

L’impatto di un rialzo dei tassi FED domani sarebbe negativo sui BTp. I rendimenti italiani salirebbero, così come lo spread. Gli investitori sconterebbero maggiori difficoltà per l’Italia nel rifinanziare il suo immenso debito pubblico nei prossimi mesi e anni.

Peraltro, tassi americani più alti farebbero concorrenza ai bond europei, attirando capitali negli USA. E per forza di cose i rendimenti europei dovrebbero salire, a partire da quelli dei bond più deboli, che sono anche i primi a rimetterci in una fase rialzista dei tassi. Il Bund a 10 anni, tornato ad offrire rendimenti positivi nel corso della settimana passata, adesso è ridisceso sottozero. Segno che le tensioni geopolitiche in Europa accresceranno le pressioni sugli spread.

[email protected]