Contrordine sui mercati obbligazionari. Nelle ultime sedute, stanno risalendo i rendimenti lungo la curva delle scadenze in Italia, ma non solo. Dai minimi toccati l’8 gennaio scorso, venerdì il decennale saliva di 20 punti base allo 0,70%, ai massimi da novembre. Stesso andamento per il BTp 2067, che in meno di due settimane ha perso poco meno del 5%. E lo spread BTp-Bund a 10 anni si è portato nei pressi dei 125 punti base, ai livelli più alti da oltre due mesi. Cosa sta succedendo di preciso? Possiamo parlare di un ritorno dell’allarme spread?

Gli eventi che hanno sostenuto il “sell-off” ai danni dei nostri bond sono diversi e concomitanti.

Il primo è certamente la crisi politica apertasi con l’uscita dalla maggioranza di Italia Viva, il movimento di Matteo Renzi, risultato determinante al Senato per il governo Conte-bis. Per quanto le elezioni anticipate restino ad oggi la soluzione meno probabile, le loro quotazioni salgono. E questa settimana, l’inciampo fatale potrebbe arrivare dall’eventuale bocciatura della relazione del Guardasigilli, Alfonso Bonafede, sulla giustizia italiana. Se l’esecutivo andasse sotto, la caduta sarebbe certa. A quel punto, tutto sarebbe possibile, anche il ritorno alle urne.

BTp e spread, cosa succede dopo il voto al Senato di ieri

I mercati non gradiscono mai l’incertezza politica, specie se temono l’alternativa di un’opposizione euro-scettica o, comunque, percepita largamente invisa alle istituzioni comunitarie. Temono nuove tensioni tra Roma e Bruxelles, come nell’autunno del 2018, le quali allontanerebbero le erogazioni UE all’Italia tramite il Recovery Fund. E parliamo di circa 210 miliardi in 7 anni tra prestiti e sussidi.

Test in corso sui mercati?

Secondariamente, la ripresa dell’economia europea sarebbe rinviata a non prima del secondo trimestre di quest’anno. Le nuove restrizioni anti-Covid terranno chiuse le attività nell’Eurozona forse anche oltre il mese di marzo, ragione per cui la BCE ha nei giorni scorsi avvertito sulla ricaduta nella recessione tra il quarto trimestre dello scorso anno e quello in corso.

Non hanno aiutato le parole del governatore Christine Lagarde, secondo cui il PEPP potrebbe anche non essere utilizzato per intero, ove ne ricorressero le condizioni. Poiché il programma di acquisti da 1.850 miliardi, varato nel marzo 2020 in risposta alla pandemia e concepito con modalità più flessibili del “quantitative easing”, è considerato un sostegno determinante ai nostri BTp, più di un investitore ha preferito vendere per mettersi al sicuro. Tra crisi più prolungata del previsto ed entità dell’accomodamento monetario non scontata per i prossimi mesi, meglio tornare a ripararsi tra i “safe assets”, avranno pensato sui mercati.

Infine, c’è ancora la BCE. La conferenza stampa di Christine Lagarde successiva al board di giovedì scorso ha indisposto gli investitori, non tanto per l’assenza di nuovi stimoli, oltretutto non attesi, quanto per l’apparente insensibilità mostrata dal governatore verso lo scenario di una nuova recessione in corso. E, soprattutto, dopo settimane di indiscrezioni sul presunto controllo della curva dei rendimenti e sulla fissazione di un livello massimo degli spread, nulla di formale è trapelato dall’istituto. Probabile, quindi, che i mercati vogliano testare come stiano realmente le cose, ossia le intenzioni della BCE e fin dove essa si spingerà per difendere eventualmente i bond sovrani da attacchi speculativi. Se quanto riportato da Bloomberg la settimana scorsa fosse vero, dovremmo attenderci acquisti mirati a sostegno di BTp e Bonos, entrambi in calo (vedi le vicissitudini politiche spagnole), una volta superata una certa soglia nei differenziali di rendimento. Vedremo.

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