Nella seduta di oggi, il Bund a 10 anni della Germania si è avvicinato alla soglia di rendimento dell’1%, portandosi nel primo pomeriggio in area 0,95%. Si tratta del livello più alto dal 2014, quasi otto anni a questa parte. Il decennale tedesco debuttò nel 2022 a -0,12%. Il drastico rialzo dei rendimenti interessa chiaramente anche i BTp, conseguenza della veloce reflazione e a livelli che non si vedevano oramai da diversi decenni in Occidente.

Cosa ci svela il BTp a 7 anni

Il BTp 1 agosto 2029 e cedola 3% (ISIN: IT0005365165) offre oggi un rendimento lordo del 2,05%.

Era allo 0,68% all’inizio dell’anno. Nel frattempo, ha perso l’8,6% in termini di prezzo, scendendo a 106. Perché vi parliamo di questa scadenza? Essa ha una durata residua di 7 anni e tre mesi e rotti, coincidendo con la durata media ponderata di tutto il debito pubblico italiano. E così, il suo rendimento capta il costo di emissione a cui va incontro il Tesoro senza alterare la longevità media dei titoli di stato in circolazione.

Pensate che il BTp a 7 anni rendeva intorno allo 0,1% fino all’agosto scorso. Da allora, il balzo è stato impressionante e imprevisto in questa velocità. Già nel primo trimestre, il costo saliva allo 0,42%. Lo scorso anno, il Tesoro ha sostenuto una spesa per interessi nell’ordine dei 60,5 miliardi di euro, che è stata pari al 2,25% dello stock di debito. In altre parole, il debito pubblico ci è costato il 2,25%. Ma i titoli di nuova emissione sempre nel 2021 ci sono costati lo 0,1%. Ed ecco spiegato il motivo per cui l’incidenza della spesa per interessi sul PIL negli ultimi anni non ha fatto che diminuire: il costo medio di emissione è stato sempre inferiore a quello dei titoli rimpiazzati. Dunque, ci siamo indebitati a tassi più bassi che in passato.

Costo BTp a livelli di guardia

Questo trend positivo per i conti pubblici italiani sta volgendo al termine.

Da qui a breve, il Tesoro inizierà ad emettere debito a un costo medio almeno pari a quello sostenuto sullo stock pregresso. La spesa per interessi sul PIL si stabilizzerà nel migliore dei casi e tornerà a salire subito dopo. Un modo per evitarlo sarebbe che il Tesoro emettesse debito di durata media più bassa dei 7 anni e passa attuali. Ma non sarebbe percepito come un buon segnale dai mercati, i quali guardano proprio alla longevità dello stock per capire il rischio tassi a cui esso risulta esposto.

Vero è anche, però, che se guardassimo al costo reale di emissione, probabilmente non è mai stato così basso. Il 2% circa del BTp a 7 anni, al netto dell’inflazione al 6,5% a marzo, equivale al -4,5%. Il minimo storico nominale del 2021 sarebbe poca roba al confronto, traducendosi solamente nel -1,8% reale. Il mercato sconta un mini-rialzo dei tassi BCE da qui a 12 mesi, sebbene la marcia a Francoforte possa rivelarsi più sostenuta del previsto, una volta che gli acquisti dei bond nel terzo trimestre cesseranno. E i rendimenti dei BTp salirebbero ulteriormente, riducendo gli spazi di manovra fiscale del governo e minacciando così la ripresa dell’economia, già bruscamente interrotta dalla guerra.

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