Nelle ultime sedute, i titoli di stato italiani stanno ripiegando in linea con un trend globale. I rendimenti risalgono leggermente sulla previsione di un minore accomodamento monetario da parte delle principali banche centrali. E’ quanto è capitato anche al BTp€i 15 maggio 2051 e cedola reale 0,15% (ISIN: IT0005425233).

Questo bond è indicizzato all’inflazione dell’Eurozona. Nel periodo estivo, ha registrato un grosso balzo in termini di quotazione. Tant’è che stamattina viaggia sopra la pari, in area 101. Il 25 giugno scorso, invece, aveva toccato un minimo sotto i 91 centesimi.

In appena un paio di mesi, è arrivato a salire di oltre il 13%. Segna +11% ad oggi, tenuto conto proprio del lieve ripiegamento nelle ultime sedute.

Il boom del BTp€i 2051 dovrebbe essere conseguenza del surriscaldamento delle aspettative d’inflazione nel lungo periodo. In pratica, gli obbligazionisti correrebbero a comprare un asset che li ripari dalla perdita del potere di acquisto, evidentemente temendo che l’evento si verifichi. Ma sarà stato davvero così?

BTp€i 2051 e spread con bond cedola fissa

Per capirlo, cerchiamo di desumere quali siano le aspettative d’inflazione del mercato. Al momento, il BTp€i 2051 offre un rendimento lordo reale dello 0,12%. Esso si confronta con l’1,65% offerto dal bond trentennale con cedola fissa. Dunque, gli investitori starebbero scontando nel lungo periodo un’inflazione europea nell’ordine di poco più dell’1,50% all’anno. E a giugno, quando il titolo prezzava molto meno? Allora, il rendimento offerto dal bond indicizzato era dello 0,50% e si confrontava con l’1,98% del bond ordinario di pari durata. Dunque, l’inflazione attesa un paio di mese fa si aggirava poco sotto l’1,50%.

A conti fatti, le aspettative del mercato sono rimaste sostanzialmente stabili. Dunque, la corsa del BTp€i 2051 non è dipesa dal loro surriscaldamento, quanto dal fatto che si siano impennati i rendimenti italiani e, pertanto, servivano quotazioni più basse anche per questo titolo.

Ma gli spread con i BTp a 30 anni si sono mantenuti stabili, segno che il mercato non stia temendo alcuna reflazione di lunga durata, semmai interpreti l’evoluzione dei dati macro come una fiammata dei prezzi al consumo provvisoria. Tenuto conto che il target d’inflazione della BCE sia del 2%, le aspettative medie restano decisamente più basse.

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