Con la Banca Centrale Europea a prospettare ufficialmente un imminente taglio dei tassi di interesse, gli obbligazionisti si guardano ancora più intorno. Prima che i rendimenti proseguano la discesa interrotta nel dicembre scorso, sarebbe opportuno approfittare delle ultime occasioni d’investimento realmente convenienti. In pratica, bisogna “bloccare” i rendimenti alti di questa fase. E converrebbe farlo, in particolare, per il tratto lungo della curva. Potrebbe riservarci grosse soddisfazioni nei prossimi mesi, quando già ha esitato guadagni pesanti nell’ultimo bimestre dello scorso anno.

Negli ultimi tempi, invece, ci ha fatto disperare. Un esempio lo abbiamo con il BTp 1 settembre 2036 e cedola 2,25% (ISIN: IT0005177909).

Bond del Tesoro in risalita, ma sempre in perdita

Questo bond del Tesoro arrivò ad una quotazione di 120 nel febbraio del 2021. Oggi, si attesta sotto 85 centesimi. E nell’ottobre scorso era scesa ad un minimo inferiore ai 74 centesimi. La risalita del 15% avrà certamente aiutato a recuperare almeno parte delle perdite accusate a partire dall’estate di tre anni fa. In ogni caso, il BTp 2036 si rivela un cattivo investimento per gli obbligazionisti cassettisti, ossia coloro che acquistarono il titolo all’emissione di aprile 2016 e lo stiano tenendo in portafoglio ancora oggi.

Calcolo del rendimento netto reale

Il prezzo di emissione fu appena sotto la pari, a 99,37 centesimi. Da allora sono trascorsi quasi otto anni esatti. La data di godimento fu fissata dall’1 marzo 2016, per cui è come se possedessimo il bond da oltre otto anni. Al netto dell’imposizione fiscale e in rapporto al prezzo di acquisto, le cedole del BTp 2036 ammontano fino ad oggi al 16% del capitale investito. Non granché in otto anni. Il peggio arriva con il calcolo dell’inflazione, che in questo periodo è stata nel complesso del 20%. In sostanza, il rendimento netto reale effettivo è stato sinora del -4%. Non è ancora finita: se volessimo rivendere il titolo, agli attuali prezzi di mercato subiremmo una perdita del 17,7% rispetto ai prezzi di emissione.

E arriviamo al dato finale. Il BTp 2036 ha inflitto una perdita netta del 19,4%, cioè sostanzialmente di un quinto del capitale. Non resterebbe che pazientare nella speranza che le quotazioni salgano entro qualche anno, se non alla pari, almeno vicino. In questo modo, confidando anche in un’inflazione italiana più bassa delle cedole nette, le perdite sarebbero gradualmente ripianate fino ad essere auspicabilmente azzerate. Ma ci vorrà tempo. E non tutti possono aspettare.

BTp 2036 redditizio per chi vendette ai prezzi massimi

Chi acquistasse oggi il BTp 2036, godrebbe di una cedola netta effettiva del 2,33%. Il rendimento alla scadenza, invece, salirebbe al 3,60% netto per via della plusvalenza offerta dalla quotazione sotto la pari. La bontà di un investimento dipende dal momento in cui viene effettuato. Pensate che se l’obbligazionista avesse acquistato il titolo all’emissione per rivenderlo ai prezzi massimi di inizio 2021, avrebbe maturato un rendimento netto effettivo di quasi il 28%. E anche tenuto conto dell’inflazione, questo sarebbe stato superiore al 24%. Il tutto in meno di cinque anni.

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