Si è concluso nella giornata di ieri il collocamento del 19-esimo BTp Italia. Il bond ha scadenza 14 marzo 2023 e offre cedola reale garantita del 2%, confermata dal Ministero di economia e finanze dopo la Fase 1 riguardante le sottoscrizioni retail. Queste sono state 327.323 per un controvalore complessivo di 8,56 miliardi di euro. Ne consegue che mediamente ciascun italiano abbia investito 26.150 euro. Nella mattinata di ieri, le sottoscrizioni sono state riservate agli investitori istituzionali. Sono state pari a 1,35 miliardi di euro, nettamente inferiori ai 4,7 miliardi del precedente collocamento di novembre.

Dunque, nel complesso il BTp Italia marzo 2028 ha attirato ordini per 9,92 miliardi contro gli 11,98 miliardi di quattro mesi fa. Tuttavia, ha vinto nettamente tra le famiglie: 8,56 contro 7,28 miliardi.

Ordini retail da record

A dire il vero, quella di questa settimana è stata l’emissione che ha visto la maggiore partecipazione del retail in termini percentuali: 86,3%. Segue a distanza l’emissione del giugno 2022, quando ad essere lanciato fu il BTp Italia 2030. In quell’occasione, la quota degli ordini prenotati dalle famiglie ammontò al 76,91%. Completa il podio la sedicesima emissione risalente al 2020 con il 62,8%. Quest’ultima, però, vide il record di ordini retail in valore assoluto: 14 miliardi.

Che la risposta delle famiglie sia stata elevata, è un dato di per sé incoraggiante per la fiducia verso la solidità fiscale italiana. Cosa dire, invece, delle basse richieste degli investitori istituzionali? Come mai hanno sottoscritto per 3,35 miliardi in meno rispetto a novembre? Poiché il BTp Italia è un bond indicizzato all’inflazione, il suo successo o meno durante un’emissione dipende anche, se non principalmente, dalle aspettative che il mercato nutre riguardo all’andamento futuro dei prezzi al consumo.

BTp Italia strumento poco idoneo per istituzionali

Era nell’aria che molti italiani avrebbero sottoscritto il nuovo titolo, dato che l’inflazione italiana è appena scesa sotto la doppia cifra. Verosimile che resti elevata nei prossimi mesi.

Ma va anche notato che il BTp Italia risulterà conveniente solo se nella media annua l’inflazione dei prossimi cinque anni sarà superiore al 2,10%. Nel decennio pre-Covid, fu attorno all’1%. Nessuno ha la sfera di cristallo per capire in anticipo quale sarà il tasso effettivo tra 2, 3 o 5 anni. C’è che gli investitori istituzionali godono di strumenti valutativi certamente più avanzati dell’uomo della strada per le loro previsioni macro. Se a questo giro hanno dato forfait, significa che non la penserebbero come le famiglie. In altre parole, non sconterebbero alti tassi d’inflazione futuri.

Il discorso è un po’ più complicato. Gli investitori istituzionali hanno modi un po’ più raffinati per tutelarsi dall’inflazione. Essi puntano su asset anche alternativi ai bond indicizzati, quali le azioni. Ed è anche probabile che stiano rimanendo volutamente liquidi in questa fase, al fine di impiegare i capitali nel prossimo futuro in obbligazioni dai rendimenti massimamente appetibili, cioè a prezzi ultra-scontati, prima che i corsi tornino a salire con la fine della stretta monetaria globale. Non è immediato come sembra tirare le somme. Il nuovo BTp Italia resta conveniente in un ambiente di alta inflazione. Avervi destinato una quota dei propri risparmi è stata una scelta da buon padre di famiglia.

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