Siamo all’ultima giornata di collocamento per il BTp Italia 28 giugno 2030 (ISIN: IT0005496994) con riferimento agli investitori individuali o retail. Domattina sarà la volta esclusivamente degli investitori istituzionali. Dopodiché sapremo se il Tesoro confermerà la cedola minima reale dell’1,60% o se la innalzerà. Il titolo sta riscuotendo molto interesse mediatico, non fosse che per il fatto di essere uno strumento di protezione dall’inflazione in una fase in cui i prezzi al consumo corrono come mai da 30-40 anni a questa parte.

L’Italia a maggio ha registrato un tasso d’inflazione del 6,8%, ai massimi dal 1986. Tutti sono giustamente curiosi di sapere nei dettagli come funzioni il BTp Italia. Ma c’è anche chi chiede giustamente informazioni rispetto a un fenomeno opposto: la deflazione.

Esiste anche il rischio deflazione

All’improvviso, sembra che il problema nemmeno si ponga, ma fino a poco più di un anno fa era proprio la paura della deflazione a serpeggiare tra governi e banche centrali. Nel decennio precedente alla pandemia, i prezzi al consumo in Italia crebbero al ritmo medio dell’1%. A questo punto, l’obbligazionista può chiedersi cosa accadrebbe al capitale e alle cedole del BTp Italia 2030 nel caso di deflazione, che si verifica quando l’indice dei prezzi al consumo, anziché salire, scende.

Il Tesoro è piuttosto chiaro sul punto: se c’è deflazione, il capitale e le cedole non accusano alcuna indicizzazione negativa, ma restano invariati. In pratica, il BTp Italia 2030 funge da strumento di protezione dall’inflazione e con un “floor” che garantisce all’investitore anche nel caso opposto di ripiegamento dei prezzi al consumo. Facciamo un esempio concreto per capirci e spieghiamo subito dopo un altro concetto importante.

BTp Italia con indice dei prezzi in calo

Sappiamo che l’indice FOI ex tabacchi dell’ISTAT iniziale è stato comunicato dal Tesoro essere a 109,72. Immaginiamo che nei primi sei mesi di vita del BTp Italia 2030, l’inflazione miracolosamente scenda sottozero, cioè che nel dicembre di quest’anno i prezzi saranno diminuiti dell’1% rispetto a giugno.

L’indice scenderebbe a 108,62. In teoria, la cedola e il capitale dovrebbero essere moltiplicati per 0,99, cioè “svalutati” dell’1%. Ma non è così. La cedola semestrale resterà allo 0,80% e il capitale a 100. Dunque, l’obbligazionista non perde assolutamente nulla.

Ipotizziamo, poi, che nel secondo semestre di vita del BTp Italia 2030 l’inflazione torni a salire e l’indice salga a 109,50. Cosa accade alla cedola e al capitale? Restano invariati anche in questo caso e finché l’indice non sarà risalito sopra il precedente massimo di 109,72. Il perché è evidente: il Tesoro mantiene integri capitale e cedola nel caso di deflazione e tornerà a rivalutarli quando i prezzi al consumo saranno risaliti fino a compensare il calo passato.

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