Rendimenti e cedole in forte risalita negli ultimi mesi per i titoli di stato italiani, come non se ne vedono più da diversi anni. Ma nessuna emissione raggiunge anche solo lontanamente il tasso d’interesse offerto dal BTp 1 novembre 2023 con cedola 9% (ISIN: IT0000366655). Questo bond fu collocato sul mercato nell’autunno del lontano 1993, debuttando come un trentennale e ad una quotazione nettamente inferiore alla pari: 93,75 centesimi. Ciò spiega l’alto rendimento offerto, sopra il 9,80% lordo. C’è da dire, poi, che a quel tempo la curva delle scadenze in Italia era molto più remunerativa di oggi.

Il debito pubblico era ancora denominato in lire e, formalmente, neppure sapevamo se saremmo entrati anni dopo nell’euro.

Questo BTp al 9% arriva a scadenza tra poco più di sei mesi. Per lo stato italiano sarà un sollievo, dato che ha dovuto sborsare oltre 1 miliardo di euro all’anno di cedole sui poco meno di 12 miliardi di capitale. Il bond si acquista oggi sul mercato secondario a quasi 103 e offre un rendimento del 3,20%. Chi lo acquistò nel ’93 e lo terrà in portafoglio fino all’ultimo giorno, potrà vantare un rendimento netto annuo di poco inferiore all’8,60%. Nel frattempo, poi, l’inflazione è crollata rispetto ai livelli a cui eravamo abituati negli anni Ottanta e, in misura assai minore, a inizio anni Novanta. In media, i prezzi al consumo sono cresciuti in Italia del 2,10% all’anno dalla data dell’emissione.

BTp 9% contro azioni e oro

Pertanto, il BTp al 9% ha offerto un rendimento netto reale di quasi il 6,50%. Non serve fare calcoli complessi per capire che sia stato un investimento estremamente positivo. Non c’è stata concorrenza che abbia tenuto botta al confronto. Pensate che se avessimo investito la stessa somma nella borsa italiana, avremmo ottenuto mediamente un rendimento del 110% lordo in questi 29 anni e mezzo. In termini annui, qualcosa come meno del 3% lordo.

Al netto di tasse e inflazione, poco più di zero. E se avessimo investito nella borsa americana, la cui performance è stata eccezionalmente positiva negli ultimi decenni? Il rialzo medio delle azioni sarebbe stato dell’800%, pari al 7,70% annuo lordo. Tra effetto cambio, tassazione e inflazione, il bilancio risulterebbe positivo per meno del 4%.

E l’oro avrebbe battuto il BTp al 9%? Le quotazioni sono salite in questo lasso di tempo di quasi il 450%. Anche in questo caso, al netto dell’effetto cambio e dell’inflazione, il rendimento annuo sarebbe stato inferiore: 3,60%. Ancora una volta, certa narrazione per cui i titoli di stato sarebbero l’investimento della nonna, è stata smentita. Non esiste alcuna regola generale per cui un asset sia sempre preferibile agli altri. Se così fosse, i capitali si sposterebbero su di esso e il rendimento si sgonfierebbe inevitabilmente. E’ sempre preferibile un mix tra categorie di asset, senza pregiudizi di sorta.

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