Agli inizi di gennaio, il Tesoro si affidava al collocamento sindacato per l’emissione del BTp a 20 anni, scadenza 1 settembre 2043 e cedola 4,45% (ISIN: IT0005530032). L’importo offerto per il debutto fu di 7 miliardi di euro. A distanza di tre settimane, il bond continua a flirtare con la pari. Ieri, chiudeva a 100,40, corrispondente a un rendimento alla scadenza di circa il 3,42%. Tuttavia, il 18 gennaio scorso, vale a dire al suo secondo giorno di negoziazioni sul mercato secondario, aveva raggiunto la quotazione di 105,67.

In quell’occasione, il rendimento risultava sceso al 3,96%. In pratica, perde il 5% in meno di due settimane. Un tracollo che segue la tendenza generale del mercato. Considerate che nel frattempo il Bund ventennale della Germania è passato dal 2,06% a più del 2,30%.

Gli investitori sono tutti in attesa di conoscere le decisioni di oggi e domani rispettivamente di Federal Reserve e Banca Centrale Europea. L’attesa è per un rialzo dei tassi americani dello 0,25% e nell’Eurozona dello 0,50%. Ma è sul dopo che si concentrano le attenzioni. Il ripiegamento del BTp a 20 anni risente del timore che la stretta monetaria si riveli più dura del previsto. E chi compra obbligazioni, pretende rendimenti più alti (prezzi più bassi) per mettersi al sicuro contro scenari incerti.

Nel frattempo, il BTp a 20 anni risulta essere stato già abbastanza negoziato sul Mercato obbligazionario Telematico di Borsa Italiana. Nelle poche sedute dal suo debutto è stato scambiato 2.533 volte per un controvalore di 133 milioni di euro. Alto l’importo medio di un singolo scambio, a 52.500 euro. In tredici giornate è passato di mano l’1,9% del capitale. Un inizio niente male, che preannuncia movimenti interessanti nei prossimi mesi.

BTp a 20 anni tra cedola e speculazione

Come avevamo notato all’atto del collocamento, il BTp 2043 ricade in un segmento temporale poco battuto dallo stato italiano. Prima esistevano solo due titoli in scadenza nel 2041, di cui uno indicizzato all’inflazione Eurostat, e uno nel 2044.

C’è da dire che i BTp a 20 anni non sembrano essere stati sinora oggetto di particolare interesse da parte del mercato. Gli investitori istituzionali tendono a concentrarsi sulle scadenze trentennali per il tratto lungo della curva. Invece, le famiglie puntano sul tratto fino ai sette anni per impiegare la liquidità. Non è un caso che gli Stati Uniti, ad esempio, abbiano ripreso ad emettere T-bond ventennali solo di recente e dopo un’assenza di svariati decenni.

Questo BTp a 20 anni, tuttavia, offre condizioni di tutto rispetto. La cedola netta ammonta al 3,89% del capitale nominale. Da qui alla scadenza, l’obbligazionista riceverebbe un reddito annuale verosimilmente più alto (doppio?) dell’inflazione media. Infine, può essere un bond dalle caratteristiche speculative per quanti volessero semplicemente rivenderlo a prezzi maggiori quando i rendimenti di mercato scenderanno.

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