Spread e rendimenti italiani in picchiata nelle ultime sedute. Mercoledì è stata una seduta di svolta, quando il differenziale con i Bund della Germania scendeva fin quasi a 190 punti base e il BTp a 10 anni offriva meno del 4% per la prima volta da oltre due mesi. Un rendimento decennale così basso non lo si vedeva dalla metà di settembre. E’ così che il mercato ha voluto brindare alla sensazione che l’inflazione abbia raggiunto il picco negli Stati Uniti e sia prossima ad esso anche in Europa.

Stando ai futures sui tassi d’interesse, però, movimenti coerenti con tale aspettativa non ve ne sono ancora.

Il BTp a 10 anni era arrivato ad offrire il 4,90% il 23 ottobre scorso, vale a dire prima che nascesse il governo Meloni. Da allora il trend è stato calante, pur a singhiozzo. Un po’ i mercati sono stati rassicurati dai primi passi del nuovo esecutivo, un po’ sono arrivate notizie sul fronte macroeconomico che hanno fatto propendere per il ritorno agli acquisti di bond.

La discesa dei rendimenti si è avuta lungo tutta la curva delle scadenze. A fine settembre, ad esempio, il BTp a 2 anni offriva il 3,30%. Adesso, viaggia in area 2,65%. L’aspetto più rassicurante sta nel fatto che allora lo spread con la scadenza biennale tedesca si aggirava sui 145 punti base, mentre adesso risulta crollata a poco più di 50.

BTp a 10 anni su, rischio sovrano giù

La BCE monitora attentamente lo spread a 2 anni, perché esso capta la capacità di uno stato di accedere al mercato dei capitali per il medio-breve termine. E c’è da scommettere che il rischio sovrano percepito stia riducendosi. Lo dicono anche i CDS a 5 anni, i titoli che assicurano contro il rischio default. Costavano oltre 151 punti base all’apice di ottobre, mentre in settimana sono scesi a 105 punti. E’ il livello più basso dallo scorso aprile.

In pratica, c’è minore richiesta. Evidentemente, il mercato teme meno per il debito pubblico italiano.

Il BTp a 10 anni meno redditizio, però, per gli obbligazionisti può essere visto come un treno che passa davanti ai loro occhi. Se questo trend si consolidasse, avranno perso l’opportunità di investire nei titoli di stato a lunga scadenza a rendimenti prossimi al 5%. Avrebbero anche rinunciato ai guadagni in conto capitale derivanti dall’apprezzamento dei bond. Sono già a doppia cifra sul tratto lungo della curva.

In definitiva, il BTp a 10 anni lancerebbe una sorta di ultima chiamata per gli acquisti. Può accadere benissimo che nelle prossime settimane il suo rendimento risalga. La lotta all’inflazione è tutt’altro che vinta. A dire il vero, non esistono ancora neppure segnali di inversione di tendenza nell’Eurozona. Ma il mercato prezza tutto in anticipo. E forse il quasi 5% di rendimento toccato ad ottobre è stato l’apice, mentre adesso gli investitori sconterebbero già il futuro calo dei tassi.

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