Siamo agli inizi del 2019, le tensioni tra governo giallo-verde di Giuseppe Conte e Commissione europea sono altissime. In quel periodo lo spread viaggia attorno a 250 punti base, pur sceso dai massimi di oltre 330 punti raggiunto nei mesi precedenti. Oggetto del contendere erano i conti pubblici italiani e il deficit fiscale autorizzato per quell’anno. Il Tesoro emetteva il nuovo bond a 30 anni: il BTp 1 settembre 2049 con cedola 3,85% (ISIN: IT0005363111).

Bond del Tesoro nato tra le tensioni

Oggi, le condizioni offerte ci sembrerebbero persino scarse.

Da lì a pochi mesi, però, la Germania avrebbe emesso il suo primo Bund a 30 anni zero coupon. Lo stesso mercato sovrano sarebbe migliorato nettamente con la nascita del secondo governo Conte, sempre retto da Movimento 5 Stelle, ma con Lega fuori e Partito Democratico dentro. Il BTp 2049 sarebbe salito a settembre ad una quotazione superiore a 145. In pratica, chi lo avesse acquistato all’emissione e rivenduto sette mesi dopo, avrebbe guadagnato il 45%.

I massimi storici per il BTp 2049 furono toccati a fine 2020 con la pandemia e l’allentamento monetario senza precedenti della Banca Centrale Europea. Ma questa è un’altra storia, imprevedibile. Solo che oggi il bond presenta una quotazione molto più bassa, a meno di 88 centesimi. Ha retto meglio di altri titoli di stato grazie alla cedola relativamente elevata. In ogni caso, dall’emissione ad oggi è -12%, pur dopo un balzo del 10% dai minimi di ottobre.

Rendimento effettivo dall’emissione

Il BTp 2049 ha come data di godimento l’1 settembre del 2018. Questo significa che è come se l’emissione fosse avvenuta in quella data ai fini della maturazione degli interessi. Parliamo di cinque anni e circa due mesi e mezzo di cedole incassate. Al netto dell’imposta del 12,50%, l’obbligazionista ha così ricevuto il 17% rispetto al capitale investito. Peccato che questo interesse sia stato del tutto eroso dall’inflazione di questi anni, cumulativamente pari al 16,5%.

In parole povere, il BTp 2049 è stato capace di tutelare il potere di acquisto del capitale sino ad oggi, ma nulla di più. Cosa fare? Questo è il dilemma. Rivendere oggi implicherebbe perdere il 12% rispetto all’emissione. Rimane l’alternativa di attendere che la quotazione risalga. Se tornasse alla pari, il rendimento scenderebbe dal 4,70% attuale al 3,85%. Ciò sarebbe possibile in uno scenario di taglio dei tassi, che è stato già parzialmente scontato dal mercato. Se si può attendere un po’ di tempo (alcuni mesi o qualche anno), sarebbe la soluzione migliore per uscire dal mercato senza perdite.

BTp 2049 pessimo investimento ai prezzi record

In realtà, perché disinvestire tra qualche mese, quando lo stesso BTp 2049 offrirebbe tassi relativamente vantaggiosi? Altra cosa se si punta a diversificare il portafoglio in termini di asset class o anche spaziando tra gli emittenti. E chi ha investito ai prezzi massimi? Per loro sono dolori. Un errore di valutazione, frutto del fai da te nel mondo degli investimenti, oltre alla ricerca disperata di rendimento fino a un paio di anni fa. Pensate che il rendimento alla scadenza a fine 2020 fosse soltanto intorno all’1,45%

Da allora, le perdite in conto capitale sfiorano il 45%. La cedola netta effettiva a stento arriva al 2,15%, mostrandosi avida anche in un contesto di bassa inflazione. A questi livelli, neppure il potere di acquisto è stato tutelato in questi anni. Pensare di tornare alle quotazioni stellari di tre anni fa sembra nel mondo attuale quasi una bizzarria mentale. L’unica possibile soluzione sarebbe di disinvestire non appena si ritiene che le quotazioni tocchino i massimi, cioè tra qualche anno. Quasi impossibile uscire dal mercato senza dolori, a meno che non si pazienti fino alla scadenza.

[email protected]