Tra i numerosi titoli di stato italiani che si rivelano appetibili, ce n’è uno di cui possiamo cogliere potenzialità di crescita dei prezzi interessanti. E’ il BTp 1 marzo 2030 (ISIN: IT0005024234). Offre una cedola elevata, del 3,50% lordo all’anno. Fu emesso nel 2014, per cui debuttò sul mercato sovrano con una durata di 16 anni. Attualmente, possiede una vita residua di 7 anni. Fino a pochi mesi fa, il tasso d’interesse appariva spropositatamente elevato e, infatti, la quotazione era molto sopra la pari.

Viceversa, ormai è scesa sotto la pari. Questo venerdì, stava sotto i 96 centesimi per un rendimento alla scadenza del 4,25%.

Il BTp 2030 ci offre, quindi, una cedola effettiva del 3,65%. Essa si ottiene rapportando il tasso al prezzo di acquisto. Al netto dell’imposta del 12,50%, scende sotto il 3,20%. Sono numeri allettanti, specie per quando l’inflazione italiana scenderà dagli alti livelli attuali. In questa fase, in effetti, percepire il 3-3,50% netto vale poco con una perdita del potere di acquisto di poco inferiore alla doppia cifra.

In prospettiva, poi, il BTp 2030 avrebbe potenzialità di apprezzamento significative. Immaginiamo che la quotazione salga del 10% dai livelli attuali e si porti sopra 105 entro un paio di anni da oggi. Nel marzo 2025, il bond avrà una durata residua di 5 anni e renderebbe così quasi il 2,30%. Per le condizioni di mercato attuali sarebbe poco. Ma per allora è probabile (non scontato) che la Banca Centrale Europea avrà iniziato a tagliare i tassi d’interesse. Questi raggiungerebbero il picco entro l’estate prossima.

BTp 2030, maxi-rendimento con quotazione su

Nell’ultimo decennio, il rendimento medio del BTp a 5 anni è stato dell’1,25%. Con un apprezzamento del 10%, il BTp 2030 resterebbe più remunerativo dell’1%. C’è da dire che negli anni scorsi il mercato obbligazionario ha beneficiato di condizioni monetarie ultra-espansive, che difficilmente saranno replicate nel prossimo futuro. D’altra parte, un calo del rendimento quinquennale dell’1,80% rispetto ad oggi sarebbe tutt’altro che esclusivo in una fase di taglio dei tassi.

Dunque, se la quotazione segnasse una crescita in doppia cifra, il rendimento effettivo tra due anni risulterebbe dell’8,5% annuale.

Chiaramente, il mercato potrebbe assumere tutt’altra direzione e sconfessare queste nostre previsioni. Il rischio più grande deriverebbe dall’alta inflazione, che in questi ultimi mesi dimostra di essere più persistente di quanto pensassimo fino a poco tempo fa. Non è bastato il crollo dei prezzi dell’energia per frenare con decisione la corsa dei prezzi. Servirà un rialzo dei tassi d’interesse più duro per riportare l’inflazione sotto controllo. I prezzi dei bond, compreso il BTp 2030, ripiegheranno e i rendimenti saliranno ulteriormente. Prima di andare meglio, dovrà andare un po’ peggio. Il dubbio è per quanto tempo.

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