Italiani tornati a caccia di titoli di stato per cercare di mettere a frutto i loro risparmi. Dopo anni di impotenza, il risveglio dell’inflazione sta offrendo loro l’occasione per investire nuovamente sul mercato sovrano domestico senza avventurarsi in scadenze lunghissime e assumersi rischi eccessivi. Il tratto della curva preferito dalle famiglie è dei 3-7 anni. Ciò contribuirebbe a spiegare il successo clamoroso del BTp Valore 2027, il primo bond del Tesoro esclusivamente dedicato al canale retail. Gli ordini a giugno hanno ammontato a 18,19 miliardi di euro, record di sempre.

E se volessimo investire su una scadenza un po’ più lunga? Le opportunità non mancherebbero di certo. Per voi abbiamo esaminato due BTp con data di rimborso nel 2029.

Iniziamo dal BTp 1 novembre 2029 e cedola 5,25% (ISIN: IT0001278511). Questo bond fu emesso alla fine del 1998, per cui inizialmente ebbe una durata di 30 anni. E questo spiega l’alta cedola offerta al tempo, sebbene per una scadenza così lunga non fosse neppure eclatante. In effetti, l’Italia era appena stata ammessa a far parte dell’Eurozona. I mercati si mostrarono ottimisti e lo spread crollava. Ci mettevamo alle spalle due decenni di profonda instabilità economica e finanziaria.

Rendimento immediato e alla scadenza

Il BTp 2029 con scadenza a novembre si acquistava ieri ad una quotazione sui 108,45. Questo significa che per un lotto minimo di 1.000 euro dovremmo spendere 1.084,50 euro. Commisurato al prezzo sborsato, il tasso di interesse lordo annuale risulta del 4,84%. E’ quello che a più riprese abbiamo definito su questo sito rendimento immediato. In effetti, ci fornisce il flusso di reddito all’anno incassato in percentuale al capitale effettivamente investito. Al netto dell’imposizione fiscale del 12,50%, scende in area 4,23%.

Tuttavia, il rendimento alla scadenza del suddetto BTp 2029 era ieri di poco superiore al 3,70%. A cosa si deve la differenza con il rendimento cedolare? In data 1 novembre 2029 il Tesoro rimborserà il titolo a 100, cioè nell’esempio di cui sopra ci pagherebbe i 1.000 euro, oltre all’ultima cedola semestrale maturata.

A quel punto, la differenza degli 84,50 euro pagati in eccesso all’atto dell’investimento risulterà per noi una perdita o minusvalenza. Essa equivale al 7,79% dell’investimento, pari a qualcosa come circa l’1,20% annualizzato.

BTp 2029, alta inflazione sullo sfondo

Veniamo all’altro bond. Scadenza 1 dicembre 2029 e cedola 3,85% (ISIN: IT0005519787). Emesso per la prima volta nell’autunno del 2022, ieri si acquistava intorno alla pari. Questo significa che il rendimento cedolare coincideva sostanzialmente con il tasso nominale. Al netto dell’imposta, scende al 3,37%. Parliamo di un valore nettamente inferiore a quello esitato dal primo bond. Tuttavia, il rendimento alla scadenza qui è proprio del 3,85%. Non ci sono né perdite, né guadagni da realizzare alla data del rimborso. Dunque, abbiamo un rendimento immediato più basso, a fronte di un rendimento alla scadenza leggermente più alto.

Quale scegliere? Fatto presente quanto sopra, riflettiamo sul fatto che in un periodo di alta inflazione converrebbe anticipare gli incassi di qualsivoglia reddito. Più questi sono rinviati, minore il loro potere di acquisto. In un certo senso, il maggiore rendimento immediato offerto dal BTp novembre 2029 diventa ancora più allettante in una fase come questa. Ciò non toglie che formalmente il secondo offra un rendimento complessivo più alto. Il discorso cambia ancora se consideriamo l’opportunità di disinvestire anticipatamente. Se e quando i tassi scenderanno, una maxi-cedola effettiva prossima al 5% brillerebbe ulteriormente agli occhi del mercato e il prezzo salirebbe. Remote, comunque, le probabilità di riportarsi ai massimi degli anni passati, quando raggiunse quota 143.

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