Dopo il maxi-aumento dei tassi di interesse nel biennio passato, sul mercato sovrano italiano (e non solo) sono finalmente tornate ad affacciarsi le cedole sostanziose del Tesoro, pur non ai livelli di un tempo. Negli ultimi mesi, in previsione dell’allentamento monetario della Banca Centrale Europea, i rendimenti sono ridiscesi e le cedole non sono più salite. Il Tesoro ha iniziato a tagliarle sulle nuove emissioni. Per questo resta anomalo scovare sul mercato ancora titoli di stato con tassi al 6-7%.

Anzi, le stesse emissioni più remunerative dei mesi passati non sono arrivate ad offrire un tasso del 5%. Ma in scadenza tra poco più di tre anni e mezzo c’è il BTp 1 novembre 2027 con la maxi-cedola 6,50% (ISIN: IT0001174611). Non siamo abituati da molti anni a questi tassi, che rievocano più che altro ricordi di quando c’era ancora la lira italiana.

Debutto come bond a 30 anni

Potrete immaginare che si tratti di una vecchia emissione. E lo è. Il suo debutto risale all’autunno del 1997, per cui avvenne come trentennale. Questo genere di BTp con alte cedole può salvare i conti degli obbligazionisti, alla luce delle future revisioni in materia fiscale. In questo articolo, cercheremo di verificare se gli investitori cassettisti abbiano fatto un affare nell’inserire questo BTp 2027 in portafoglio sin dall’emissione o se hanno accusato una perdita.

Calcolo del rendimento dell’emissione

Il prezzo di offerta fu ai tempi sostanzialmente alla pari: 100,15. Da allora sono trascorsi quasi ventisette anni e mezzo. Ieri, la quotazione del bond era di 111,40 in chiusura di seduta. Pertanto, il guadagno in conto capitale sarebbe stato superiore all’11% al lordo delle imposte. Un altro 178% sarebbe stato incassato grazie alle cedole. In totale, l’investimento nel BTp 2027 avrebbe reso all’incirca il 190%. Su base annuale, parliamo di un 4,70% lordo. Al netto della ricevuta fiscale del 12,50%, si tratterebbe ancora di qualcosa come il 4,10%.

E c’è, infine, da mettere in conto l’inflazione. Dall’emissione ad oggi è stata del 65%, per fortuna storicamente bassa. Il rendimento netto reale risulterebbe sceso sotto il 2,30%. Resterebbe profondamente positivo.

A conti fatti, il BTp 2027 avrebbe non solo tutelato il capitale – e non è scontato per un asset “sicuro” – ma anche garantito un rendimento netto sopra l’inflazione. E pensate che se l’obbligazionista avesse deciso di rivendere il bond all’apice della quotazione, che fu toccata nel settembre del 2019 a più di 147, avrebbe riportato un rendimento lordo dell’8,25% e netto sopra il 7,20%. Tenuto conto dell’inflazione, il rendimento sarebbe stato ancora del 5,60% medio annuo.

BTp 2027 con rendimento attuale al 3%

Chi, invece, acquistasse il BTp 2027 soltanto oggi, metterebbe le mani su un bond dal rendimento di appena superiore al 3% lordo. Nulla di eclatante, contrariamente a quanto ci farebbe immaginare la cedola. Il fatto è che la quotazione risulta alta e fa riferimento a una durata residua relativamente breve per consentire di spalmare la minusvalenza a sufficienza. Del resto, sono questi i livelli di rendimento per scadenze di questo tipo. E rispetto a qualche tempo addietro, sembra già tanto. Specie se si considera che l’inflazione italiana sia nel frattempo scesa sotto l’1%.

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