L’agenzia di rating Moody’s ha declassato ieri i bond sovrani della Russia da B3 a Ca con outlook “negativo”. La scorsa settimana, S&P aveva tagliato il suo giudizio da BB+ a CCC-. Per il momento, il giudizio più alto resta di Fitch con B. In tutti i casi, le prospettive sono “negative”, cioè le agenzie si riservano di declassare ulteriormente il debito pubblico di Mosca.

Il default tecnico russo sarebbe solo questione di giorni. Sarebbe il primo dopo 24 anni.

Tuttavia, a differenza del 1998 il governo dispone dei mezzi per pagare le scadenze, semplicemente non può utilizzarli a causa del “congelamento” delle riserve valutarie imposto dall’Occidente come sanzione contro l’invasione dell’Ucraina. Circa il 40% dei 640 miliardi di dollari della banca centrale risulta detenuto in Nord America, Europa e Giappone.

C’è un’altra differenza con il default del 1998, stavolta in peggio: allora, la Russia smise di pagare in relazione a 40 miliardi di dollari di debito interno, mentre nel caso attuale a rischio vi sono 15 bond denominati in dollari ed euro per complessivi 40 miliardi di dollari. Dunque, le conseguenze negative ricadrebbero sui creditori esteri.

Default bond Russia a giorni?

La scorsa settimana, la Russia è sfuggita formalmente al default pagando le cedole ai creditori esteri. Tuttavia, Euroclear e Clearstream hanno sospeso i pagamenti in rubli diretti da Mosca, per cui il mercato si sta interrogando se il default sia stato realmente evitato o meno. Già il 16 marzo arrivano a scadenza cedole su due bond per complessivi 107 milioni di dollari, pur essendo previsto un periodo di grazia di 30 giorni. Il 31 marzo scatta il pagamento del capitale da 359 milioni relativo al bond 2030 e in data 4 aprile si avrà un grosso pagamento di 2 miliardi.

Per guadagnare tempo, il presidente Vladimir Putin starebbe spingendo per consentire i pagamenti in rubli a favore dei creditori esteri di “paesi che intrattengono attività ostili”.

I bond emessi a partire dal 2014, cioè dall’occupazione della Crimea e conseguenti sanzioni occidentali contro la Russia, prevedono effettivamente una clausola, in base alla quale i pagamenti possono essere ridenominati in valuta locale sui bond in dollari ed euro. Non lo stesso dicasi per i bond emessi prima di quell’anno e per i quali scatterebbe il default nel caso in cui il pagamento avvenisse in rubli.

Sin qui abbiamo parlato dei bond sovrani, quelli in valute straniere relativamente di scarsa entità rispetto al PIL. Maggiori le esposizioni verso l’estero del corporate, con Gazprom che già oggi dovrà provvedere a pagare 1,3 miliardi di dollari. Di fatto, l’isolamento finanziario contro cui è andata a sbattere la Russia la sta tagliando del tutto fuori dai mercati internazionali e rischia di privare completamente governo, banche e imprese dei capitali necessari per rinnovare i debiti in scadenza e contrarne di nuovi. Di questo passo, sarebbe il collasso per gli investimenti privati e la caduta dell’economia in una recessione durissima, certamente la peggiore dagli anni successivi alla dissoluzione dell’Urss.

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