Alla fine della settimana scorsa, il Ministero delle Finanze in Russia ha annunciato di avere pagato il bond in dollari in scadenza lo scorso 4 aprile, interessi compresi, per 564,8 milioni. Inoltre, ha provveduto al pagamento anche degli interessi del bond in dollari con scadenza 4 aprile 2042 per altri 84,4 milioni. In totale, quindi, Mosca ha speso circa 650 milioni e ha così potuto evitare il default. Al contempo, ha reso noto di avere preso in prestito 49 milioni di dollari in bond denominati in dollari ed euro.

Bond Russia schivano il default

Dal 4 aprile scorso erano decorsi 30 giorni del periodo di grazia, superati i quali la Russia sarebbe caduta formalmente in default. L’agenzia di rating S&P ha declassato il suo debito a “Selective Default”. Il paese non avrebbe problemi di sorta a onorare i prestiti ricevuti, ma le sanzioni dell’Occidente sull’occupazione dell’Ucraina lo stanno di fatto escludendo dai mercati internazionali. Tra l’altro, quasi metà delle sue riserve valutarie da 643 miliardi di dollari prima della guerra risulta “congelata”.

Il bond sovrano 2042 è balzato sul mercato secondario da 22 a 29 centesimi sulla notizia. Ma aveva aperto l’anno a una quotazione superiore a 130. Gli investitori continuano a scontare l’elevato rischio default per la Russia. D’altra parte, essa sta segnalando di voler fare di tutto per evitare tale scenario. La Russia non è mai andata in default sul debito estero dopo il 1917, anno in cui i bolscevichi arrivati al governo con la Rivoluzione di Ottobre ripudiarono i prestiti ottenuti dallo zar.

Il rublo ora è troppo forte

La Banca di Russia ha tagliato i tassi d’interesse per la seconda volta nelle ultime settimane, portandoli al 14%. Erano stati innalzati dal 9,5% al 20% alla fine di febbraio per reagire al collasso del rublo sui mercati. Con questa mossa, l’istituto segnala di non essere più preoccupato per il cambio, il quale si è anzi fin troppo rafforzato contro dollaro ed euro.

Contro il primo scambia sotto 71, cioè di oltre il 5% più forte dall’inizio dell’anno. Contro il secondo è salito ai massimi da due anni.

Va detto che il “super” rublo è anche conseguenza dei controlli sui movimenti dei capitali introdotti da Mosca in reazione alle sanzioni. Gli investitori esteri non possono vendere azioni e obbligazioni senza il previo consenso delle autorità finanziarie russe. Inoltre, ai cittadini russi è consentito convertire fino a 10.000 dollari all’anno. Dunque, la domanda rimane soppressa, sebbene sia indubbio che le esportazioni di petrolio e gas stiano contrastando piuttosto bene l’efficacia delle sanzioni occidentali.

Un rublo forte dà una mano ad allontanare lo spettro del default il più possibile. Esso riduce la quantità di dollari necessari per pagare le scadenze ai creditori esteri. Allo stesso tempo, riduce il costo dei beni importati (pochi con le sanzioni) e, pertanto, tiene a bada l’inflazione, salita a marzo al 16,7%, ai massimi dal 2015.

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