Il Messico ha emesso un bond in dollari suddiviso in due tranche per complessivi 4 miliardi, più dei 3 miliardi inizialmente previsti. Grazie agli ordini elevati, culminati a 18,4 miliardi, l’emissione è stata potenziata. Nel dettaglio, è stata collocata sul mercato una nuova scadenza a 5 anni per 1,25 miliardi e con cedola fissa annua lorda del 5,40%. Offerta anche una scadenza a 12 anni per 2,75 miliardi e con cedola del 6,35%. L’operazione ha di fatto aperto le danze delle emissioni in valuta sui mercati internazionali. Questa è la parte più liquida dell’anno, in cui molti debitori emergenti si affacciano per finanziarsi e cercare di spuntare costi contenuti.

Dal canto loro, gli investitori istituzionali riaprono proprio in questi giorni i loro portafogli dopo averli chiusi nelle settimane passate con la fine dell’anno.

Bond in dollari con rating “investment grade”

Il bond in dollari del Messico presenta un rischio di credito medio-basso. Le agenzie di rating assegnano al paese latinoamericano giudizi soddisfacenti: BBB per S&P, BBB- per Fitch e Baa2 per Moody’s. Siamo sostanzialmente sui livelli dell’Italia. A fine 2021, il Messico aveva un debito pubblico di quasi 747 miliardi di dollari, pari al 57,6% del PIL. Si tratta di una percentuale relativamente bassa, sebbene vadano considerate le maggiori difficoltà per i paesi emergenti di ri-finanziarsi sui mercati, a causa della scarsa disponibilità di capitali interni.

Per valutare l’effettivo grado di rischio del bond in dollari, dovremmo capire quanto alto sia il debito estero messicano. A fine 2021, ammontava a 448 miliardi di dollari. E sappiamo anche che nel settembre scorso la tranche a breve termine, cioè in scadenza entro l’anno, sfiorava i 58 miliardi. Questi numeri a fronte di riserve valutarie nel mese di novembre a 202,2 miliardi. Dunque, non esisterebbero nel breve difficoltà a rimborsare i debiti contratti in valuta straniera con i creditori internazionali.

Grana debiti Pemex

D’altra parte, il cambio contro il dollaro segna un apprezzamento del 6,5% nell’ultimo anno.

Questo significa che i bond in dollari risultano meno “pesanti” da rimborsare per lo stato messicano, le cui entrate fiscali sono denominate in pesos. Ma non tutto fila liscio. C’è il macigno di Petroleos Mexicanos (Pemex) a gravare sulla credibilità dei conti pubblici. La compagnia petrolifera statale possiede 105 miliardi di dollari di debiti, risultando la più esposta al mondo nel comparto energetico. Queste passività gravano per circa l’8% potenziale del PIL e negli ultimi anni lo stato ha più volte dovuto intervenire per evitare il default societario.

Tuttavia, alcune indiscrezioni di questi giorni riportano che il ministro delle Finanze sarebbe indisponibile ad accollare allo stato i debiti di Pemex in scadenza nel primo trimestre. Ai suoi collaboratori avrebbe espresso la volontà di far sì che la compagnia provveda da sé. Il punto è che parte delle criticità finanziarie si deve alla politica del presidente Andres Manuel Lopez Obrador. Egli punta a ridurre le esportazioni di petrolio per far concentrare Pemex sul business delle raffinerie in perdita site in Messico. In generale, comunque, l’outlook sovrano resta cautamente positivo.

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