La Cina inquieta i mercati finanziari. Il suo principale colosso immobiliare ha presentato istanza al Tribunale di New York per tutelarsi dai creditori stranieri e cercare con loro un accordo volto alla ristrutturazione del suo immenso debito. Alla fine del 2022 questo ammontava a 340 miliardi di dollari, circa il 2% del PIL. Alla luce di questi dati, i bond emessi da Evergrande che fine hanno fatto? Iniziamo con il dire alcune cose. La prima è che formalmente la società non è fallita, ma punta a rinegoziare i termini contrattuali dei suoi debiti.

In soldoni, è scattato il conto alla rovescia per giungere al taglio del debito nominale, al suo allungamento temporale e alla riduzione degli interessi.

Default Evergrande da dicembre 2021

Altra precisazione: i bond Evergrande sono in default già dal dicembre del 2021. Allora, la società non fu in grado di pagare due cedole relative ad altrettante obbligazioni in dollari. Dunque, l’istanza della settimana scorsa non cambia sostanzialmente nulla per gli obbligazionisti. Essa è relativa ai debiti off-shore, cioè quelli emessi all’infuori della legislazione cinese. Circa un quarto del debito societario, invece, riguarda bond on-shore emessi all’estero.

In effetti, la crisi sui mercati dei bond Evergrande iniziò nella primavera di due anni fa, a pochi mesi dal default conclamato. Prendiamo come esempio la scadenza in dollari del 28 giugno 2025 con cedola 8,75% (ISIN: XS1627599654). I prezzi erano ancora superiori agli 80 centesimi, mentre chiudevano l’anno ad appena 12 centesimi. Attualmente, il titolo viaggia intorno ai 2 centesimi. Praticamente, un lotto minimo di 1.000 dollari lo si acquista per soli 20 dollari. E’ evidente che gli investitori stiano scontando scarse probabilità di recupero parziale del capitale, almeno nel medio periodo.

Bond Evergrande, criticità post-default

C’è da dire, comunque, che la stessa società rendeva noto che alla fine dello scorso anno possedeva asset per 350 miliardi di dollari. In teoria, il suo patrimonio netto resta positivo.

Solo che il colosso ha spiegato di riscontrare difficoltà nella cessione di tali asset per soddisfare i creditori. In altre parole, siamo in presenza di un patrimonio in gran parte poco liquido, cioè non immediatamente rivendibile per fare cassa. Aggiungiamo anche la scarsa trasparenza sia nei numeri, sia nella stessa gestione della crisi da parte delle autorità cinesi. Sin dal default sui bond Evergrande queste hanno segnalato di preferire i creditori domestici a quelli stranieri in fase di saldo delle spettanze.

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