E’ un buon momento per i mercati emergenti, che stanno approfittando del calo dei rendimenti globali nell’attesa che arrivi il taglio dei tassi di interesse per mezzo principalmente della Federal Reserve e della Banca Centrale Europea. E può capitare che l’euforia, associata alla speranza, porti a un forte rialzo dei prezzi persino di bond emergenti sottoposti a dichiarazione di default da ben quindici mesi. E’ il caso del Ghana, che ha visto salire mediamente del 10% le quotazioni dei propri titoli di stato denominati in dollari e negoziati sul mercato internazionale.

Bond del Ghana in rialzo con trattative tra stato e creditori esteri

Insieme a Zambia ed Etiopia, fa parte dei tre stati africani ad essere andati in bancarotta con la pandemia. Nel 2020, la spesa per interessi raggiunse il record del 127% delle entrate fiscali. Nel 2022 era scesa intorno all’80%, ma era diventata insostenibile con l’aumento globale dei tassi. E dire che solamente un anno prima Accra era riuscita ad emettere un bond zero coupon a quattro anni. Ecco un esempio di certa spavalderia comprata dagli investitori con noncuranza quando la liquidità abbonda e sembra che le condizioni monetarie debbano rimanere eternamente ultra-espansive.

A fare scattare i rialzi nelle scorse sedute è stata la notizia della riattivazione delle trattative tra governo del Ghana e gli obbligazionisti internazionali. L’obiettivo consiste nel trovare una soluzione per la ristrutturazione di 13 miliardi di dollari del debito estero. Un gruppo di investitori aveva proposto nelle settimane scorse uno schema per sbloccare l’impasse su questi bond emergenti. Lo stato africano pagherebbe gli interessi su parte del debito rinegoziato in relazione al suo tasso di crescita economico futuro.

Trattative già aperte a inizio 2023

Non è la prima volta che le trattative si aprano tra le parti. Più di un anno fa, il Ghana sembrò essere vicino ad un accordo dopo avere avviato un negoziato con il Fondo Monetario Internazionale e ottenuto un accordo di principio con il Gruppo dei 20 per ristrutturare 5,4 miliardi.

Ma il mercato evidentemente ci crede. Le scadenze medio-lunghe in dollari ne approfittano più di tutte. Il bond 18 gennaio 2026 con cedola 8,125% (ISIN: XS1108847531) è salito in due settimane da meno di 44,50 a 49,90 centesimi. Offre attualmente un rendimento intorno al 60%. Solamente nella seduta di ieri, il rialzo ha sfiorato il 6%.

Bene anche le scadenze del 2032 e del 2042, entrambe con guadagni nell’ordine del 10% da inizio mese e intorno all’1,40% nella seduta di ieri. Molto più tiepida la reazione dello zero coupon, che guadagna complessivamente poco più del 3% e che ieri segnava appena +0,60% scarso. L’assenza di cedola non favorisce l’investimento, così come la scadenza ravvicinata. Probabile, infatti, che la ristrutturazione comporti l’allungamento della durata dei titoli, oltre che il taglio del loro valore nominale (“haircut”) e delle cedole.

Bond emergenti dai fondamentali pessimi

Per quanto possa esservi ottimismo, i fondamentali restano pessimi. A fronte di riserve valutarie per 5 miliardi di dollari, il solo debito estero a breve termine ammonterebbe sui 3,5 miliardi. Ci sarebbero dollari a sufficienza per coprire solamente tre mesi e mezzo di importazioni. Ma è pur vero che ultimamente la bilancia commerciale e quella dei pagamenti sono tornate in attivo. Questo salvaguarda il livello delle riserve. In ogni caso, parliamo di bond emergenti con rating “spazzatura”: SD (Selective Default) per S&P, CCC per Fitch e Ca per Moody’s.

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