L’Egitto ha annunciato ieri che accetterà un cambio per la lira in linea con il suo valore di mercato. Allo stesso tempo, ha alzato i tassi di interesse di 600 punti base o 6% al 27,25%. Contro il dollaro servivano subito dopo 42 lire. Fino a un istante prima servivano da circa un anno 30,90 lire. Nei fatti, una svalutazione del 26,5%, la quarta in appena due anni e probabilmente non l’ultima, visto che al mercato nero il cambio resta ancora più debole.

Per tutta risposta, i bond egiziani sono saliti di prezzo.

Rally eclatante dei bond egiziani

La scadenza del 31 gennaio 2027 con cedola 7,5% (ISIN: XS1558078736) segnava un rialzo di quasi il 2% a 97,75 centesimi. Dai minimi di ottobre, quando si acquistava per appena 65 centesimi, registra un boom del 50%. Attualmente, offre un rendimento lordo in area 7,25%. E la scadenza del 30 settembre 2033 con cedola 7,3% (ISIN: XS2391395154) rincarava di qualche decimale a 83,50 centesimi: +62% dai 51,49 a cui era scesa in ottobre. Offre un rendimento del 10,25%.

Ancora più forte il rimbalzo della scadenza del 31 gennaio 2047 con cedola 8,5% (ISIN: XS1558078496): +3,43% a 82,37 centesimi, portando i guadagni in circa quattro mesi e mezzo ad oltre il 67%. Ad ottobre, si acquistava intorno ai 49 centesimi e oggi rende il 10,75%. I rendimenti all’apice erano arrivati fin sopra il 20% lungo la curva. Chi ha scommesso su questi bond egiziani quando il flusso di notizie macroeconomiche andava prettamente nella cattiva direzione, adesso può cantare vittoria.

Impatto positivo sulle riserve valutarie

Ma è razionale questa accelerazione del rally dopo la svalutazione del cambio? Vi forniremo una nostra risposta attraverso diversi punti di analisi. In primis, essa avrà l’effetto di risollevare le sorti delle riserve valutarie, la cui carenza pone un rischio per il pagamento del debito estero. I bond egiziani diventano più facilmente rimborsabili se ci sono più dollari nelle casse della banca centrale. Un cambio in linea con il tasso di mercato favorisce le esportazioni e riduce le importazioni, mentre attira capitali dall’estero.

In sostanza, farà affluire valuta pesante.

Più vicino il (maxi?) prestito del Fondo Monetario

Secondariamente, con la svalutazione l’Egitto ottempera a una delle principali richieste del Fondo Monetario Internazionale. Esso potrebbe arrivare a più che triplicare lo stanziamento dei 3 miliardi di dollari di fine 2022, portandolo a 10 miliardi in cambio di riforme. In caso di accordo, i bond egiziani diverrebbero meno rischiosi per il semplice fatto che il paese nordafricano riuscirebbe ad incassare una somma ingente con cui fronteggiare le scadenze a medio-breve termine e implementare le riforme per il rilancio dell’economia.

Pagamento monstre degli Emirati Arabi Uniti

Infine, la svalutazione avrà l’effetto collaterale di accelerare la già alta inflazione domestica e ciò spingerebbe alcuni investitori in patria a inserire in portafoglio bond egiziani in dollari per proteggere i capitali dalla perdita del potere di acquisto. E’ accaduto nei mesi passati con i bond turchi dopo la maxi-svalutazione della lira sin dal giugno scorso e tuttora in corso. Da aggiungere anche che nei giorni scorsi gli Emirati Arabi Uniti hanno acquistato i diritti per il potenziamento dell’area turistica di Ras Gamila, versando entro due mesi all’Egitto ben 35 miliardi di dollari. Un toccasana per le casse sia dello stato che della banca centrale, spettando alla seconda 11 miliardi a beneficio delle riserve.

Bond egiziani restano junk

Per queste ragioni il rally dei bond egiziani appare giustificato, anche se serve cautela per il prossimo futuro. I rendimenti sono scesi a livelli non così alti per un mercato “junk”. I rating delle agenzie sono B- per S&P e Fitch, Caa1 per Moody’s. Il rischio di credito resta elevato. Certo, il decennale in dollari offre un premio di 660 punti base sul T-bond degli Stati Uniti e questo non può che fare gola agli investitori esteri a caccia di rendimento.

Ma ricordiamoci che al 30 settembre scorso il debito estero a breve termine ammontava a più di 30 miliardi, assorbendo quasi per intero le riserve nette della banca centrale. E con la svalutazione il peso di questi debiti per lo stato e il settore privato salirà.

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