Sale l’appeal dei bond cileni dopo le elezioni di domenica scorsa nel paese andino. Il voto riguardava la nuova assemblea costituente, chiamata a riformare la Carta su volere del presidente Gabriel Boric. L’esito è stato disastroso proprio per il capo dello stato e la sua coalizione di sinistra radicale. Su 50 seggi ne ha ottenuti solo 16, mentre gli altri partiti di centro-sinistra 11. I Republicanos di José Antonio Kast, una formazione di destra pinochettiana, ne hanno conquistati ben 23. Non solo hanno il maggior numero di rappresentanti, ma posseggono anche il potere di veto che scatta con 21 seggi.

Di fatto, una disfatta per Boric, al potere da un anno e che già soffre di estrema impopolarità.

La crisi dei bond cileni sul mercato era iniziata nel tardo 2020, anticipando il trend negativo globale. Qui, però, il problema era stato essenzialmente di natura politica. Le elezioni per la prima assemblea costituente quell’anno video il trionfo della sinistra radicale. Pochi mesi più tardi fu il turno delle presidenziali, vinte dal giovane marxista. Il modello cileno, caratterizzata da un’economia libera e prospera di stampo occidentale, è stato percepito in forte crisi. Già prima della pandemia erano scoppiate proteste violente contro la politica economica dell’allora governo conservatore.

Sarà un caso, ma i bond cileni hanno iniziato a risalire la china dopo avere toccato il “floor” sui mercati nell’autunno scorso. E’ successo, infatti, che il referendum indetto sulla riforma costituzionale “iper-progressista” sia stato bocciato a stragrande maggioranza dalla popolazione. E’ rimasta in vigore la Costituzione dell’era Pinochet e che adesso la destra, uscita vincitrice dal voto di domenica, farà di tutto per tutelare. La buona notizia per i bond cileni consiste nello scampato pericolo di una riscrittura della Carta in senso marxista, tra l’altro potenzialmente ostile agli investitori stranieri nella gestione delle miniere del paese.

Bond cileni appetibili, restano rischi politici

In media, i bond cileni in dollari ed euro guadagnano circa il 10% dai minimi di settembre/ottobre dello scorso anno. Ciononostante, i rendimenti restano allettanti. La scadenza in dollari del 6 febbraio 2028 e cedola 3,24% (ISIN: US168863CF36) offre quasi il 4,30% ad una quotazione di 95,755 centesimi. La scadenza in euro del 2 luglio 2031 con cedola 0,83% (ISIN: XS1843433639) rende più del 4,05% a quasi 78 centesimi. Tra l’altro, parliamo di rating medio-alti: A per S&P, A- per Fitch e A2 per Moody’s.

E la solidità del debito in valuta estera è accresciuta anche dal rafforzamento del cambio. Il peso cileno guadagna oltre l’8% su base annua, un fatto che riduce il costo dei bond cileni denominati in dollari ed euro. Restano altri rischi politici all’orizzonte. Il Parlamento frastagliato impedisce da un lato a Boric di dare esecuzione ad una politica economica ardita, dall’altro il voto di domenica rischia di accrescere la polarizzazione tra i vari schieramenti. E questo peserebbe sulle prospettive a medio-lungo termine del paese.

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