Meno di un anno fa, Cassa depositi e prestiti (CDP) emise un bond in scadenza il 29 giugno 2026 e con cedola mista (ISIN: IT0005374043). Esso offre per i primi due anni, vale a dire fino al 28 giugno 2021, una cedola annuale del 2,70%, corrisposta trimestralmente. Successivamente e fino alla data fissata per il rimborso, la cedola diventa variabile, cioè pari all’Euribor a 3 mesi + uno spread dell’1,94%. Attualmente, il tasso di riferimento si attesta al -0,25%, di poco superiore al -0,32% a cui si trovava alla data di emissione.

Supponendo che esso rimanga invariata per tutti i prossimi 6 anni e rotti, otteniamo che il rendimento attuale del bond sarebbe dell’1,58%, tenendo conto che ieri lo si acquistasse a 101,61, sopra la pari.

Bond CDP 2026 tasso misto a confronto con il BTp 2026, chi vince per rendimento?

Confrontando tale risultato con il rendimento del BTp di pari durata e pari all’1,46%, scopriamo che sia solo di poco superiore, coerente con l’andamento generale dei rendimenti di CDP, che rispetto a quelli del debito pubblico si mostrano poco più generosi. In altre parole, il mercato starebbe scontando esattamente che l’Euribor a 3 mesi rimanga fermo da qui ai prossimi 6 anni, segno evidente di quanto venga data per scontata l’impossibilità per la BCE di alzare i tassi da qui al medio-lungo termine, conseguenza del pessimismo imperante sui mercati finanziari sulle prospettive economiche dell’unione monetaria.

E’ credibile che i tassi di mercato a breve termine restino sottozero ancora a lungo? In effetti, lo è. Dobbiamo pensare che l’Euribor a 3 mesi sia sceso in area negativa per la prima volta nella primavera del 2015, quando la BCE iniziò ad attuare il “quantitative easing” con acquisti di assets sul mercato secondario. Da allora, sono passati 5 anni abbondanti e di segnali che lascino ipotizzare una risalita veloce verso almeno lo zero non ve ne sono, anche se paradossalmente, dopo essere esso ai minimi storici a fine febbraio, toccando il -0,49%, ha virato decisamente ai massimi da 4 anni, grazie ai maxi-stimoli monetari varati dalla BCE e che hanno allentato le tensioni finanziarie.

Prospettive future

Ma quando l’allarme Coronavirus sarà cessato, speriamo il prima possibile, è probabile che sul monetario i tassi risalgano, seppure non subito e non in misura scomposta. Da qui al 2026, molte cose possono accadere. Verosimile che la crisi economica in corso venga del tutto superata entro il primo semestre del 2022 nell’Eurozona, che di lì a qualche anno l’uscita graduale della BCE dall’accomodamento monetario estremo divenga concreto. Se i tassi risalissero anche solo allo zero, il rendimento medio annuo del bond CDP seguirà. Oggi come oggi, se ipotizziamo che la cedola variabile sia pari al solo spread per tutti i 5 anni, il rendimento salirebbe all’1,80%, offrendo un premio di oltre 30 punti base rispetto al BTp.

Bond CDP 2026, convenienza e rischi dell’obbligazione semi-sovrana 

Molto difficile, invece, ci risulta immaginare che nei prossimi anni i tassi saranno capaci di riportarsi ai livelli pre-crisi, cioè precedenti al 2008, quando si aggiravano al 4-5%. In quel caso, che ripetiamo essere attualmente uno scenario abbastanza remoto, il rendimento medio annuo si avvicinerebbe oggi al 3,50%. Ma l’aspetto più interessante di questo titolo è forse un altro: con il migliorare delle prospettive economiche nell’area, i tassi inizierebbero a salire, per cui la cedola crescerebbe e con essa il prezzo del bond stesso. Viceversa, quella del BTp rimarrebbe ferma e anche nel caso del BTp con cedola legata all’inflazione non dovremmo attenderci grosse variazioni, date le aspettative molto basse di crescita dei prezzi nel medio-lungo termine.

In sostanza, senza bisogno di disinvestire per incassare le plusvalenze, con il bond CDP saremmo in grado di guadagnare di più, man mano che il quadro macro nell’area si evolverà positivamente, ottenendo una cedola variabile superiore a partire dalla fine del giugno 2021.

Se non volessimo mantenere il titolo in portafoglio, potremmo rivenderlo come con il BTp per incassare la plusvalenza. Per contro, se il quadro macro non migliorasse, la cedola variabile non salirebbe e, anzi, non possiamo escludere che l’Euribor non continui a scendere, anche se difficilmente di un’entità tale da portare il BTp ad essere oggi più appetibile in termini di rendimento.

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