La Banca Centrale Europea (BCE) ha rispettato le previsioni della vigilia. Ieri, ha alzato i tassi d’interesse di un altro 0,50%. Cosa ancora più importante, ha anticipato che il costo del denaro sarà aumentato di un altro mezzo punto percentuale a marzo e dopodiché si procederà sulla base dei dati macro. Confermata, com’era ovvio, anche la riduzione del bilancio annunciata a dicembre a partire dal prossimo mese: riacquisti dei bond in scadenza ridotti di 15 miliardi di euro al mese fino a giugno, successivamente l’entità del “quantitative tightening” sarà rivalutata.

Anziché salire, come ci saremmo aspettati, lo spread tra BTp e Bund a 10 anni è sceso ieri. Infatti, il rendimento del decennale italiano è arrivato a crollare dello 0,35% dall’apice del 4,25% nel corso della mattinata al 3,90%. Meno marcata è stata la discesa del rendimento tedesco, che comunque si è portato nettamente sotto il 2,10%. Il differenziale tra i due titoli di stato si è così ristretto tra 185 e 190 punti base.

Scongiurato effetto sorpresa

Come mai un esito all’apparenza “hawkish” è finito per potenziare gli acquisti dei bond? Il mercato temeva l’effetto sorpresa. La BCE ha sfoggiato nelle ultime settimane una retorica dura contro l’inflazione, lasciando intendere che avrebbe adottato una politica monetaria ben più restrittiva delle previsioni. Lo spread era risalito per i timori degli investitori circa la sostenibilità del debito pubblico italiano in un ambiente di tassi più alti.

Con ieri, la sorpresa sarebbe venuta meno. I tassi saliranno dal 3% a cui saranno stati portati dall’8 febbraio al 3,50% da metà marzo. Tuttavia, questo era stato già scontato dal mercato. Il solo fatto che la BCE abbia prospettato una valutazione dopo la prossima stretta ha spinto l’obbligazionario. La restrizione delle condizioni monetarie nell’Area Euro tramite i tassi d’interesse sarebbe già prossima alla conclusione. L’inflazione è scesa all’8,5% dal 9,2% di dicembre.

Resta altissima, ma il trend è positivo. La stessa Federal Reserve sta per concludere la propria stretta e lo stesso varrebbe per la Banca d’Inghilterra.

Spread alto dopo fine rialzo tassi BCE

Questo non significa che le condizioni monetarie di per sé diverranno più favorevoli dalla seconda parte di quest’anno. In primis, perché i tassi potranno essere tenuti ai livelli attuali per un tempo prolungato. Secondariamente, le banche centrali opteranno per ridurre i rispettivi bilanci tagliando gli enormi portafogli accumulati in oltre un decennio di “quantitative easing”. La BCE comprerà meno BTp, Bonos, Bund, Oat, ecc. A parità di tassi d’interesse, ciò equivarrà ad alzare i rendimenti sui mercati sovrani. E varrà ancora di più se i governi proseguiranno con gli stimoli fiscali contro il caro bollette e i finanziamenti in deficit di voci come le spese militari.

Insomma, lo spread non è affatto detto che scenda con la fine del rialzo dei tassi di questa primavera. D’altra parte, in pandemia era arrivato a 100 punti, per cui il raddoppio di questi ultimi mesi avrebbe già scontato lo scenario restrittivo che ci attende. La soglia del 3,50% sarebbe il limite oltre il quale per i BTp scaturirebbero dolori. E forse non sarà violata da Francoforte.

[email protected]