Ieri sera, Credit Suisse aveva rivolto un appello alla Banca Nazionale Svizzera per ottenere una qualche forma di sostegno, al termine di una giornata in cui le sue azioni erano crollate del 31%. Il suo principale azionista, la Banca Nazionale Saudita, aveva escluso un intervento a favore della controllata, sostenendo di essere già a ridosso della quota massima fissata dallo statuto. E così, nella tarda serata era arrivato il comunicato congiunto di Banca Nazionale Svizzera e FINMA, l’autorità di vigilanza sui mercati finanziari.

I due enti rendevano noto che la posizione di Credit Suisse sul piano patrimoniale era considerata sufficiente, in quanto rispettosa dei requisiti minimi regolamentari fissati in Svizzera, a loro volta non inferiori agli standard di Basilea III.

Ciononostante, a favore di Credit Suisse veniva messo a disposizione un “backstop” per garantire tutta la liquidità appropriata al funzionamento della banca. E questa mattina si apprende che l’istituto guidato da Axel Lehmann ha fatto richiesta dei 50 miliardi di franchi (51 miliardi di euro) di liquidità offerta dalle autorità. Una notizia che in queste ore starebbe riportando un minimo di calma sui mercati finanziari, alla vigilia del board della Banca Centrale Europea (BCE).

Proprio stamattina si riunisce il Consiglio di Francoforte per decidere le prossime mosse di politica monetaria. Fino a un paio di giorni fa era scontato un rialzo dei tassi d’interesse dello 0,50%. Alla luce degli eventi di questi giorni, gli analisti si aspettano che non si vada oltre un ulteriore aumento dello 0,25%. La situazione è molto delicata. Credit Suisse arriva dopo che due banche americane sono fallite e una terza starebbe per saltare in aria. L’intero sistema bancario europeo è finito nel mirino della speculazione. Ieri, le banche francesi chiudevano la seduta con crolli superiori al 10%.

Giù spread con Credit Suisse aiutata da BNS

Risulta che un “grande governo” europeo avrebbe alzato la cornetta del telefono per reclamare dalla Banca Nazionale Svizzera un salvataggio a favore di Credit Suisse.

Che si tratti del presidente francese Emmanuel Macron, intimorito da quanto stia accadendo per le esposizioni delle banche francesi? Intanto, la tensione si sta leggermente placando. Lo spread BTp-Bund è sceso sotto 190 punti base dai quasi 200 a cui era salito ieri. I rendimenti di BTp e Bund stanno risalendo, segno che il mercato ha recuperato un po’ di appetito per il rischio.

Nessuno si illuda che l’intervento svizzero ponga fine alla crisi bancaria in corso nel Vecchio Continente. Altre grandi banche sistemiche finiranno nel mirino dei mercati. Certo è, invece, che la Banca Nazionale Svizzera ha potuto sostenere Credit Suisse, forte dei suoi 885 miliardi di franchi di asset posseduti, per la gran parte accumulati nell’ultimo decennio attraverso acquisti di azioni e obbligazioni in valute straniere. A causa del tonfo dei mercati, tuttavia, nel 2022 l’istituto riportava perdite per 132,5 miliardi. Resta nelle condizioni di garantire per l’intera tenuta del sistema finanziario elvetico, a difesa della reputazione dello stato alpino quale hub internazionale della finanza.

E la BCE? Non esiste alcun meccanismo collaudato di sostegno alle banche in crisi. Nell’Area Euro abbiamo il MES, acronimo di Meccanismo Europeo di Stabilità, da poco riformato e non entrato in funzione per la mancata ratifica dell’Italia. Tuttavia, in una dozzina di anni di esistenza l’ente non è mai intervenuto a favore di governi o banche, perché nessuno ha voluto sottoporsi a quello che sembra essere a tutti gli effetti un commissariamento. Il nuovo MES prevede un “backstop” al Fondo di risoluzione bancaria.

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