Lo scorso venerdì, Banca d’Italia ha aggiornato la famosa lista SIFI, quella che identifica le banche italiane considerate sistemiche. Ha aumentato così per il biennio 2024-’25 da +100 a +150 punti base il buffer di capitale richiesto a Unicredit rispetto alle banche non sistemiche, da +75 a +125 punti a Intesa Sanpaolo e da +25 a +50 punti a Banco BPM. Per la prima volta entrano nella lista Bper, Mediobanca e Iccrea. Vi esce, invece, Banca Monte Paschi. Questa ha perso la qualità di banca sistemica.

Vediamo quale impatto tale decisione può avere sulle sue obbligazioni.

Cosa cambia per Siena

In mattinata, le azioni Monte Paschi stanno reagendo con un ulteriore apprezzamento a 3 euro tondi. Di fatto, il prezzo si è portato sopra ai 2,92 euro a cui il Tesoro ha venduto il 25% del capitale pochi giorni fa. L’incasso è stato di 920 milioni di euro, capace di generare una plusvalenza teorica di quasi 300 milioni. Non essere considerata più una banca sistemica comporta per Siena il mancato obbligo di accantonare a riserva un buffer di capitale dello 0,25% in più delle attività ponderate per i rischi.

Obbligazioni Monte Paschi più sacrificabili?

E gli effetti sulle obbligazioni Monte Paschi? In teoria, il mercato potrebbe mostrarsi un po’ più cauto nelle prossime settimane. Non essere più banca sistemica segnalerebbe una maggiore “sacrificabilità” dei creditori nel caso di rischio di insolvenza. Le banche sistemiche sono anche definite gergalmente “too big to fail”, cioè “troppo grandi per fallire”. I governi tendono a tutelare questo tipo di istituti in maniera più particolare, in quanto un loro crac avrebbe implicazioni assai negative per l’intero sistema del credito e subito dopo sull’economia.

In parole povere, le obbligazioni Monte Paschi sarebbero più rischiose, in quanto l’uscita dalla lista SIFI le renderebbe maggiormente soggette a un eventuale bail-in. Esso consiste nel far ricadere le perdite sugli stakeholders fino all’8% delle passività prima che la banca possa chiedere aiuto allo stato.

Nell’ordine contribuirebbero gli azionisti, gli obbligazionisti subordinati, gli obbligazionisti senior e, infine, i titolari di conti correnti e deposito sopra 100.000 euro e solo per la parte superiore ai 100.000 euro.

Rischi più bassi, banca è ora risanata

C’è da dire che il rischio “bail-in” non sembra attualmente elevato per le obbligazioni Monte Paschi. Anzi, la banca sta finalmente tornando a produrre utili, il suo valore in borsa si è portato a 3,80 miliardi e dopo quasi sette anni dalla nazionalizzazione inizia ad essere ceduta sul mercato dal Tesoro. Un segno di fiducia sulla capacità di reggersi in piedi senza la presenza preponderante dello stato. Certo, il fatto che presto l’istituto non sarà più controllato dal governo riduce teoricamente le garanzie sulle obbligazioni Monte Paschi. Ad oggi, queste sono considerate titoli quasi-sovrani. Lo stato non si sognerebbe mai di far fallire una sua controllata. Ma, complice la forte riduzione dei rischi legali, i fantasmi del passato stanno svanendo rapidamente.

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