L’Argentina ha perso davanti al tribunale di New York la battaglia legale sulla nazionalizzazione di Yacimientos Petroliferos Fiscales (YPF) del 2013. Dovrà pagare in tutto 16 miliardi di dollari agli azionisti espropriati, di cui 6,2 miliardi al fondo Burford Capital, che nel 2015 si è incaricato di raccogliere le richieste di risarcimento e le cui azioni ieri sono giustamente schizzate dopo l’annuncio del presidente Javier Milei che emetterà allo scopo un bond perpetuo. Il pagamento, su disposizione del giudice, dovrà avvenire entro il 10 gennaio senza possibili dilazioni come richiesto da Buenos Aires.

Il nuovo capo dello stato, insediatosi da un paio di settimane, ha ammesso di non avere tutto questo denaro per procedere al saldo, ma ha dichiarato di voler pagare.

Milei intende svoltare

Milei intende riallacciare le relazioni con il mondo della finanza, al fine di consentire all’Argentina di tornare ad attirare capitali stranieri. Da questa necessità nasce l’idea di pagare il dovuto emettendo un bond perpetuo. Si tratterebbe di un’obbligazione di stato senza scadenza, per cui la sua durata può essere considerata anche infinita. Il fatto è che queste emissioni avvengono tipicamente ad altissimo tasso di interesse. E nel caso dell’Argentina, none volte in default e sull’orlo del decimo e con un rating “spazzatura”, ciò varrebbe a maggiore ragione.

Tassa Kicillof per pagare i maxi-interessi

Secondo Milei, il pagamento degli interessi avverrebbe attraverso l’imposizione di una imposta denominata “tassa di Kicillof” dal nome dell’allora ministro dell’Economia all’epoca della nazionalizzazione e braccio destro della presidenta Cristina Fernandez de Kirchner. Una provocazione nei confronti degli avversari peronisti, che in questi giorni stanno cavalcando le proteste contro le misure di austerità del nuovo governo.

Ma è credibile l’emissione di un bond perpetuo in Argentina in questa fase? Nel 2017, il paese raccolse sui mercati 2,75 miliardi di dollari con il bond a 100 anni in scadenza nel 2117.

Fu la prima volta che un’economia emergente appena uscita dal default era riuscita a fare una cosa simile. La cedola offerta fu del 7,125%. Il successo dell’operazione confermava la fiducia degli investitori per il nuovo corso di Mauricio Macri, attuale alleato di Milei. Soltanto un anno dopo, però, l’Argentina sprofondava nell’ennesima crisi finanziaria ed era costretta a bussare alla porta del Fondo Monetario Internazionale (FMI), ricevendo lo stanziamento di ben 56 miliardi di dollari.

Bond perpetuo possibile in Argentina?

Dati gli altissimi tassi di interesse pretesi giustamente dal mercato, il bond perpetuo argentino dovrebbe offrire una cedola esorbitante per attirare sufficienti capitali. Ed escludiamo in partenza che Milei sarà in grado di trovare così 16 miliardi di dollari. Nessun paese, neppure avanzato e di grandi dimensioni economiche, ha mai raccolto una cifra di questo tenore in un’unica soluzione per un’obbligazione a scadenza lunghissima o perpetua. Tutto questo, mentre il governo sta rinegoziando il debito estero per 65 miliardi di dollari in mano ai creditori privati e altri 44 miliardi nei confronti dell’FMI.

Sta di fatto che l’annuncio riflette la prima difficoltà imprevista dell’era Milei. La “tassa Kicillof” aumenterà l’austerità a carico dei contribuenti. Se il Congresso non approverà le misure già varate per decreto prima di Natale, ha annunciato il presidente, ci sarà un referendum. E il taglio delle banconote sarà innalzato fino a 50.000 pesos (circa 56 euro) dal massimo attuale dei 2.000 pesos (circa 2,25 euro), al fine di agevolare i pagamenti in contanti con l’inflazione salita già sopra il 160% e destinata ad accelerare il passo con la svalutazione del cambio voluta dal nuovo governo.

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